SHXCXCHCXSH, SsSsSsSsSsSsSsSsSsSsSsSsSsSsSs

SS

Per parlare della scelta dei nomi, dei titoli e del generale anonimato fatta dai due svedesi SHXCXCHCXSH servirebbe un articolo a parte. Il loro nuovo disco per Avian non è – al pari di quelli precedenti – esattamente ciò che ci si aspetta di leggere qui e non è nemmeno proprio quello di cui dovrei occuparmi, dato che non ho reale familiarità con la techno. La loro però non mi sembrea musica per ballare. Aiutati dal digitale, prendono i codici ritmici del genere e li rimettono in discussione: rallentano i battiti, li stoppano quando pare a loro, li deformano in qualcosa di pesante e minaccioso (forse hanno presente Shapednoise e simili). Intorno a queste e altre sperimentazioni ritmiche allestiscono una scenografia buia e soprattutto molto psichedelica: anche in questo caso è chiaro che usano il laptop e prendono singoli frammenti di suono o di melodia per poi sfigurarli, clonarli e metterli in fila in rapidissime sequenze, tanto che sembrano degli oggetti che ci sfrecciano davanti o ai lati e poi si allontanano bruciando fino alla disintegrazione. Da un lato ricreano un paesaggio urbano: le loro percussioni virtuali sembrano ottenute da strumenti di cemento e i rimbombi sono quelli di capannoni abbandonati in qualche periferia. Dall’altro, per contrasto, staccano la spina al reale (o forse ne attaccano una a noi, come in “Existenz”) e ci proiettano in un altrove inquietante sganciato da riferimenti “concreti”, aiutati in questo dall’auto-spersonalizzazione alla quale accennavo all’inizio. Quindici pezzi omogenei ma creativi, un’elettronica d’ascolto eppure fisica, perché nata nei club. Outsider.