PONTE DEL DIAVOLO, Fire Blades From The Tomb

Nella speranza di accedere a nuovi progetti heavy di qualità, imbocchiamo subito l’invitante Ponte Del Diavolo, ragione sociale che mette assieme membri di varie altre precedenti band (Feralia, Inchiuvatu, Abjura, Askesis), ritrovatisi a jammare in quel di Torino a partire dall’inverno del 2020. Al momento questi sono Erba del Diavolo (Elena Camusso) alla voce, Nerium (Rocco Scurzella) alla chitarra, Krhura Abro e Kratom (Alessio Caruso e Andrea L’Abbate) ai due bassi, Segale Cornuta (Stefano Franchina) alla batteria. Dopo tre ep, le lame di fuoco emergono dalla tomba – vale a dire che siamo arrivati al primo, zoccolante passo in lungo.

Uscito per Season Of Mist, Fire Blades From The Tomb presenta una struttura solida e rocciosa, tra doom e black metal d’elezione, perché le radici ci sono e non sono solo quelle curative o ancor meglio velenose delle erbe magiche, ma le stravaganze, come da intenti architettonici, non mancano e rendono l’ascolto assolutamente meritevole, consigliato ad ampio raggio. La lingua luciferina non si pone limiti e, come minimo biforcuta, asseconda tanto l’opzione in inglese quanto quella in italiano, veicolata da un cantato nient’affatto scontato nel riallacciarsi alla darkwave. Delle due cupe coppie di quattro corde a sfidarsi, al posto dei classici duelli fra chitarre, abbiamo detto, a dare supporto a un impianto ritmico spesso crudo e selvaggio. Il tutto viene poi appunto applicato all’immaginario del nostro folklore – in linea con memorabili tentativi di ri-contestualizzazione ibrida da parte di alcuni autori appartenenti al genere fantastico (pensiamo per esempio alla compianta Chiara Palazzolo, che legava assieme horror sanguinario-carnivoro e i benandanti dei culti agrari).

“Demone” accelera e rallenta su un copione esoterico da Bava-Fulci in fregola punk, “La Razza” oltrepassa gli otto giri di orologio – tic tac chi è il prossimo? – tra mulinelli elettrici e perle di saggezza pagane (Pan ti vomiterà! / Tu sei già sterco e lui concimerà), “Zero” alterna imprecazioni-invocazioni da possessione e ritornello super melodico sotto riff fustigante. “Covenant”, manifesto programmatico da graduati di truppa, dal quale è tratto anche il titolo dell’intero lavoro, modernizza la formula marziale con synth e theremin space-prog che piacerebbero, restando nel Nord Italia, ai colleghi de La Morte Viene Dallo Spazio. “Red As The Sex Of She Who Lives In Death” invita direttamente a infilarsi le corna da tradizione blues, enfatica e passionale quantunque slabbrata a dovere, prima di trasformarsi in una filastrocca per bambini malati di mente o per fanatici dei Messa. “Nocturnal Veil” è stata ben descritta come un incantesimo mortale, guidata dagli spettri-guida di Siouxsie And The Banshees, oltre che dal clarinetto elegante di Vittorio Sabelli. Gli abiti da sera restano indosso per la cover di “The Weeping Song” di Nick Cave And The Bad Seeds, posta in chiusura, forse non irrinunciabile negli esiti ma concettualmente perfetta nel consegnare armi bianche alla gothic ballad per antonomasia, in duetto con Davide Straccione (Shores Of Null). Puntano alla leggenda e per ora partono alla grande. Questo Ponte Del Diavolo è già una piccola scala verso il Paradiso.