Pastoraccia, fumetti e musica

Pastoraccia è l’alias utilizzato da Alessandro Pastore, autore e fumettista bolognese. L’area intorno a Bologna, l’area della pianura padana è uno dei personaggi cardine del suo esordio lungo, “Quasi nessuno ha riso ad alta voce”, edito da Canicola lo scorso anno. È un libro che molti, almeno il pubblico più votato all’ascolto e all’acquisto di musica anziché di comics (entrambe voci molto importanti nella mediterranea dieta culturale, insieme ai libri) hanno recuperato grazie all’unione delle sue forze con Laura Agnusdei. Giusto quindi spendere due parole su Eolica, rassegna di incontro fra disegnatori e musicisti, giunta al quinto appuntamento finora. Dopo Pastoraccia e Laura Agnusdei si sono infatti avvicendate “sul palco” altre quattro coppie: Andrea Bruno e J.H. Guraj, Liz Van Der Nüll e Fera, Adriana Marineo e Francesca Baccolini, Michelangelo Setola e Jonathan Clancy. È una divagazione, certo, ma mi sembrava giusto farla, perché questi incontri potrebbero, chissà, speriamo, generare dei bei mostri in futuro.

Passiamo invece a “Quasi nessuno ha riso ad alta voce”.
Abbiamo Stefano, il personaggio principale, solitario, separato, una figlia, descritto dal proprio autore come apatico e passivo.
Abbiamo Matilde, una sorella che improvvisamente muore, per poi ricomparire nella vita di Stefano.
Ines, la vicina di casa, che coltiva con Stefano un rapporto condito da the e biscotti.
Gurz, forse la figura che più potremmo definire come un amico. Un amico che serba dei segreti che, quando la situazione si disvela, decide di condividere con Stefano, in un crescendo storico e vivo di una persona ripudiata, libera, differente, dalla sessualità florida ed esibita come la sorella è stata.
Leonardo, della Signora Cappelli, un luogo strano dove i culti dei propri cari e della porcellana si uniscono in un insieme al limite del feticismo.
Da cosa nasce cosa, queste persone e questi luoghi danno vita ad un libro che si muove nonostante l’immobilismo di Stefano; una sorta di staticità a passo uno, dove i personaggi si seguono percorsi che paiono senza uscita ma che, misteriosamente, riconducono a una sorta di nucleo familiare allargato e congelato.

Ciao Alessandro! Ti scrivo perché ho iniziato ad avvicinarmi a Goro, il nastro di Laura Agnusdei, in differenti maniere. In primis intervistando Laura, per approfondire la sua storia e cosa l’abbia portata a creare Goro. Poi leggendo “Quasi nessuno ha riso ad alta voce”, dal quale, grazie alla serata Eolica, ha tratto “Pontelagoscuro” ed elaborato poi altre due tracce che si basano sui tuoi personaggi e sulla tua storia. Che tipo di incontro è stato quello fra Laura e te e, soprattutto, fra i vostri due mondi artistici?

Pastoraccia: L’incontro fra me e Laura è avvenuto grazie a Maple Death Records proprio nel momento in cui mi hanno parlato del primo evento di Eolica che ci avrebbe visti coinvolti. Con Laura c’è stata subito sintonia rispetto alle sensazioni e ai suoni che si volevano ricreare in relazione al libro. La possibilità di collaborare con lei e con lo strumento che utilizza per suonare, il sax,  per me è stata una bellissima opportunità. Intravedevo un nuovo livello di sviluppo del racconto. Una volta iniziata la progettazione dell’evento, lo scambio non si è basato solo sul libro ma anche su una serie di visual e video che avevo ricreato fino a indicarle anche un luogo che fa parte del Parco del Delta del Po, dove potesse ritrovare quella dimensione ambientale. Così ha iniziato a prender vita Goro.

Nel leggere “Quasi nessuno ha riso ad alta voce” mi ha molto colpito questo galleggiare in maniera apatica e distaccata di Stefano. Sembra quasi che non incontri mai il mondo reale, ma si attivi unicamente in relazione a poche altre persone, come la vicina Ines o il barista, in contesti molto ben definiti (il the, il bar), dove rivela se stesso. Nel resto delle occasioni, il contatto con la famiglia, le autorità, il resto del mondo, è mediato da maschere ed apatia, sembra per una scelta ben precisa. Trovi nel metodo di Stefano una scelta lucida oppure un trasporto innato?

Stefano è una persona apatica e passiva. Non agisce mai di sua spontanea volontà e quasi mai reagisce. L’unico momento in cui è spinto ad agire rivela un lato morboso. Stefano si lascia trasportare dalla vita, non agisce ma subisce l’azione.

Stefano vive e spende la maggior parte del suo tempo solo in casa: gli capita di ascoltare della musica, in questo caso i Warlocks e i Pet Shop Boys. Che riferimenti stilistici hai utilizzato per costruire i gusti di un tale personaggio? Questi due brani, “Come Save Us” e “West End Girls” in che maniera si innestano nella storia?

Il carattere di Stefano viene fuori anche nel flusso di musica che ascolta. I pezzi scelti non sono solo una colonna sonora della storia, ma entrano e irrompono per raccontare qualcosa sul personaggio. “Come Save Us” dei Warlocks rivela un personaggio che cerca di redimersi con molti lati chiaroscurali, malinconici e con molti muri attorno a sé, come le chitarre elettriche del gruppo.

Con la canzone dei Pet Shop Boys rimaniamo sempre in un mood dark ma molto più synthpop e dance che rivela quel tono noir ambientale della storia dentro cui si muove Stefano. Soprattutto mostra come lui vorrebbe scivolare e scappare via da quello che gli sta succedendo.

Il mescolarsi dei media potrebbe rendere difficile. per chi ha abbracciato entrambi i mondi, separare la tua storia dalla narrazione musicale di Laura Agnusdei. Tu che ne sei l’autore hai visto una trasformazione in questo senso oppure nonostante queste intersezioni ritmo e colonna sonora (mentale) per “Quasi nessuno ha riso ad  alta voce” sono rimaste invariate?

Sì, ho visto una trasformazione positiva nell’evoluzione al linguaggio musicale di Laura. è stata in grado di cogliere soprattutto quel respiro sotterraneo che attraversa la storia. Le atmosfere lynchiane in “Maciste Wet Night”, la parte più synthpop di “Matilde Lemon’s Dance” dove il sax viene fuori in modo ipnotico, la sospensione teatrale in “Sasha” fino al lungo viaggio di “Pontelagoscuro”.

“Quasi nessuno ha riso ad alta voce” sin dall’inizio si è prestato all’evoluzione verso altri linguaggi, di cui lo stesso fumetto è pieno di contaminazioni. In fase di chiusura del libro avevo fatto un video sonorizzato dal musicista Fera, dal titolo Delta, poi è arrivato Goro di Laura Agnusdei e chissà magari arriveranno altre nuove evoluzioni multimediali.

Ovviamente dimenticavo l’ultima domanda di rito, stai lavorando ad altro al momento? Quali saranno le tue prossime mosse?

Nell’ultimo periodo mi sono concentrato di più su storie brevi per varie riviste e quotidiani (Internazionale, Domani Fumetti e Nuovi Argomenti) e nel frattempo ho iniziato ad abbozzare una nuova storia a lungo respiro.