PASCAL COMELADE & RAMON PRATS & LEE RANALDO, Velvet Serenade

I tributi sono materia da maneggiare con cura. Spesso superflui, scentrati, poco rappresentativi. Ignacio Julià, giornalista catalano, voleva promuovere qualcosa che potesse avere le medesime dinamiche di una delle band più rappresentative della storia della musica, quella creata attorno alle figure di John Cale e Lou Reed, Sterling Morrison e Moe Tucker, senza dimenticare i primi vagiti con Angus Maclise. I Velvet Underground, insomma, che in questa serenata sono reinterpretati dal batterista catalano Ramon Prats, dal chitarrista statunitense Lee Ranaldo e dal francese Pascal Comelade, qui al piano ed alle tastiere. Ha voluto che avvenisse in occasione di un libro scritto da lui e da Thurston Moore, pubblicato proprio sulla storia dei geniali newyorkesi.

Ma la musica? Quella stessa musica che ascoltiamo ormai da quasi sessant’anni? Sei brani qui, che sembrano essere stato ricomposti come in una sorta di sogno o di magia. Delicati e morbidi, leggeri come elio e densi come le nuvole. L’alchimia fra i musicisti è palpabile: fra campanelli e ritmi assassini si accostano a sei brani in maniera spontanea e libera, per una mezz’ora abbondante in cui scatenarsi fra Coney Island e Barcellona, sostenendo e prolungando le ritmiche originali fino a farle diventare dei balli minimalisti e variegati come in una “I’m Waiting For The Man” irresistibile. Per “Lou’s Blues”, scritta da Lee Ranaldo, sembra vengano usate delle gocce di suono colorato, esaltando la fantasia di Pascal Comelade nel creare dei quadri iconici, mantenendo il ricordo di quella storia musicale. Con “Ocean Lee” Comelade si cimenta alla voce, sorretto da pochi suoni, bagnati dalle maree catalane in un tramonto irreale. La brezza e le onde danno forza al trio, che secondo dopo secondo monta in una sorta di luce che ricorda i giochi di Tim deLaughter con i suoi Poliphonic Spree (e Tripping Daisy) ed illumina la festa.  Con “Femme Fatale” siamo già al giorno dopo, sulla spiaggia, tanto cristallina che sembra suonata da un nugolo di bimbi fra secchielli e conchiglie, a dimostrare la bontà della musica e delle intenzioni, stortando amabilmente il racconto.