LUCA TILLI, Empty Smile

Attorno a un disco di violoncello perdutamente solitario c’è poco da spiegare e molto da ascoltare, nel buio di una stanza tutta per sé, alla Virginia Woolf, se uno la possiede. Si potrà così apprezzare la fisicità di suoni che sgorgano dal corpo dell’intero strumento, con l’archetto che sembra aumentare d’importanza e divenire arnese indispensabile a collegare i sentimenti dell’artista alle corde e anche al legno.

Già distintosi in trio con Giancarlo Schiaffini ed Errico De Fabritiis (Kammermusik, 2018) e ancor più in duo con Sebi Tramontana (Down At The Docks, 2019), Luca Tilli ha proceduto per sottrazione e in Empty Smile (We Insist!) sceglie di esprimersi in sedici contenute improvvisazioni, abbozzi fulminei e catartici, per quanto la metà siano progressioni numerate della title-track e ci autorizzino a pensare che vadano a formare una sorta di suite, in qualche modo immaginata a bocce ferme.

La scelta di superare di rado i tre minuti a brano implica anche la giusta umiltà, perché si può avere a lungo ascoltato Ernst Reijseger, Hank Roberts o il compianto Tristan Honsinger, ma poi occorre trovare la maniera, tra acrobazie virtuosistiche, picchi di isteria e spunti lirici, di regalare all’ascoltatore quanto di unico e inimitabile si ha dentro.