LINGUA IGNOTA, Sinner Get Ready

Anche stavolta Lingua Ignota non si è adagiata su formule collaudate e ha rifuggito il sentiero dell’orecchiabile, nonostante la crescente attenzione sul suo progetto avrebbe potuto spingere in quella direzione. Sono innanzitutto questi i meriti di Sinner Get Ready, l’album uscito per Sargent House a due anni di distanza dal precedente CALIGULA. Il tema principale di questo nuovo lavoro è il rapporto con Dio, già presente nei capitoli precedenti ma stavolta totalizzante. L’intero disco è una sorta di invocazione, che segna anche la scelta musicale di fondo, molto distante da quanto proposto fin qui. Infatti, solo l’iniziale “The Order Of Spiritual Virgins” contiene un breve accenno noise sul finale e giusto nella seconda “I Who Bend To The Tall Grasses” si sentono ancora agire nella voce la rabbia e la furia di un tempo. La terza, “Many Hands”, rappresenta un punto di passaggio — è anche la più originale, con un interessante utilizzo della cetra — dopodiché il resto dell’album è caratterizzato da pezzi aulici con il pianoforte in primo piano. In secondo piano, invece, si notano gli strumenti tradizionali della catena montuosa degli Appalachi che Lingua Ignota ha incluso nel disco, e a questo proposito i suoi meriti di musicista di ricerca e colta vanno senz’altro sottolineati. Gli strumenti sono quelli degli Appalachi perché il disco è innanzitutto un’immersione nei territori della Pennsylvania e della loro religiosità; non che siano luoghi della sua vita, essendo nata nel sud della California e trasferitasi poi a Chicago. Kristin Hayter (questo il suo vero nome) si è lì recata per «cercare Dio nella Terra di Dio». Basterebbe forse questa frase per comprendere come questo slancio religioso sia marcato da una profonda ambiguità.

Un esempio su tutti: un tema ricorrente nei testi — molti dei quali ispirati a libri Amish del Settecento e dell’Ottocento — è quello del «sangue di Gesù», that which absolves and cleanses and sets free, and that which is corrupted and destroys. Ascoltando una delle diverse clip poste all’inizio e alla fine delle tracce scopriamo che l’ispirazione è venuta da un’intervista raccolta fuori da una chiesa, dove una fedele si diceva non spaventata dall’eventualità di prendere il covid nel luogo di culto perché coperta dal sangue di Gesù (Jesus’ blood). Di fronte a un tale iperbolico fanatismo, Lingua Ignota non prende però le distanze, utilizzando il concetto più volte nel corso del lavoro. Un altro personaggio ricorrente è Jimmy Swaggart, predicatore evangelista re delle tv americane, che negli anni ’80 fu travolto da uno scandalo perché trovato in compagnia di prostitute. Anche qui, non c’è alcun interesse a condannare queste figure ma al contrario, Lingua Ignota è attratta dalle anime dannate che non possono smettere di peccare e che proprio per questo continuano a sperare in una (im)possibile redenzione, in un intervento divino risolutivo. Una sensibilità simile a quella di alcuni film di Abel Ferrara come Il cattivo tenente, per intenderci. Il punto più estremo viene toccato nel testo di “Many Hands”, in cui c’è l’eco delle violenze subite dalla stessa Hayter, sviscerate nel disco precedente. Il verso The Lord spat and held me by my neck, “I would die for you, I would die for you” he wept (Il Signore sputò e mi prese per il collo, “Morirei per te, morirei per te” singhiozzò), avvicina, in una sostanziale identificazione, l’autore delle violenze subite con Dio stesso. Un concetto controverso se non preso con la giusta distanza.

La furia che nei lavori precedenti (forieri di qualche soddisfazione in più, bisogna dirlo) era infusa in parti uguali nei testi e nella musica, in Sinner Get Ready è tutta riversata nei primi. La grande enfasi della musicista, il suo carattere estremo ne offuscano talvolta l’autenticità, rischiando di farla passare per un personaggio un po’ costruito, eppure la sua figura possiede effettivamente qualcosa di magnetico. Lingua Ignota rimane comunque una voce fuori dal coro con un suo personale percorso di ricerca, merito non da poco.