Il pellegrinaggio degli Om in Italia: Rimini e Torino

Al Cisneros - Om - Rimini

OM  + CARONTE + TALISMAN STONE + VOID OF SLEEP, 21/9/2012.

Misano Adriatico (RN), Boulevard Rock Club.

La serata al Boulevard comincia in leggero ritardo, ma è comunque molto presto e la prima band, i Void Of Sleep, suona di fronte a una platea che va via via ancora riempendosi, ma è un vero peccato, perché si rivelerà – al netto degli Om – la portata più interessante del lotto: suoni potenti e dinamici che partono dallo stoner per creare una miscela personale e in crescendo, con l’estratto dall’album di prossima uscita come gran finale. A precederlo, i Void Of Sleep ripropongono i tre brani contenuti nell’ep di debutto e, nonostante il batterista in prestito causa assenza del titolare, riescono a conquistare i presenti e non fanno pentire chi si è recato al locale in orario per l’inizio delle ostilità. La formazione si muove con disinvoltura e dimostra padronanza del proprio arsenale, sfodera un suono ricco e di sicuro merita l’interesse suscitato. Discorso diametralmente opposto per i Talisman Stone, che partono con un armamentario potenzialmente più originale, con due bassi e batteria, ma che si perde per strada in una proposta che non graffia come dovrebbe, almeno in quest’occasione. Il suono sembra vuoto e poco incisivo e la voce della cantante è troppo alta rispetto agli strumenti, oltretutto sembra anche un po’ monocorde e poco convinta per permettere ai brani di bucare come dovrebbero. Le idee potrebbero anche esserci: il suono pare un mix tra psichedelia, minimalismo riot grrrls e post-punk, ma sembra in qualche modo ancora incompleto e privo di quel particolare in più che riesca a far drizzare le antennine e attirare l’attenzione. Anche il sitar che troneggia al centro del palco viene utilizzato in maniera poco organica e appare più un abbellimento che un reale ingrediente del tutto. L’impressione è che ci sia ancora da lavorare per arrivare a colpire come si conviene, per lo meno in sede live. Tocca ai Caronte: suono a cavallo tra Seventies e hard-rock alla Danzig, più di una mera influenza per il cantante (che ne richiama da vicino il timbro), con virate in direzione Electric Wizard e una parentela con l’impatto live dei Doomraiser. Manca ancora un pizzico di personalità, ma il tutto esce potente dalle casse, colpisce, diverte i presenti e ne trascina più di uno al vecchio sano headbanging, il che non guasta per dare la giusta carica e liberare le energie prima della band principale. Dopo qualche problema tecnico ai cavi e un’attesa più lunga dell’auspicato, gli Om prendono in pugno il pubblico e lo trascinano lungo un viaggio che non conosce momenti di stanca o cedimenti. Ovviamente l’attenzione è focalizzata sul nuovo album, i cui brani riproposti in sede live non deludono i suoi molti estimatori: Emil Amos è sciolto e dona una vera marcia in più, con uno stile quanto mai vario e ricco di cambi di umore, Al Cisneros scivola lungo il manico del suo basso con movimenti mesmerici e sfodera il suo tipico stile fortemente percussivo, quasi che da un solo strumento riesca a tirarne fuori due differenti per approccio e impostazione, Robert  Lowe, nonostante appaia a tratti stanco e non in forma fisica ottimale, cattura l’attenzione col suo passare tra vari strumenti, sempre seduto dietro un tavolino sopra il quale si muove con flemma ieratica per gestire quanto andrà ad arricchire di colori e spezie il suono degli Om (tamburelli e chitarra inclusi). Cisneros dal microfono sembra celebrare un vero e proprio rito (dà insomma l’idea che per lui il concerto non sia la semplice riproposizione in sede live di un disco), conduce le danze con i suoi movimenti ondulatori, mostrando così il proprio trasporto e la totale fusione tra lui e il suo basso, tra pensiero e suono, ribadendo l’importanza sempre crescente della componente spirituale negli Om. Purtroppo, nonostante un’esibizione in grado di convincere e affascinare i presenti, oltre che priva di punti deboli o momenti di stanca, la band sembra non essere proprio di ottimo umore quando scende dal palco e, complice la musica del dj, che scatta in maniera fin troppo tempestiva (o forse a causa di questa), non verranno concessi bis a dispetto del folto pubblico presente, che richiama i tre a gran voce sul palco. Un peccato, perché un paio di encore, che magari fossero andati a pescare dalle vecchie release, sarebbero stati la ciliegina sulla torta di una performance incredibile, frutto dell’evidente intesa tra Amos e Cisneros e dell’inserimento di Lowe, che va a completare una sorta di dream team musicale. Sorrisi stampati sulla faccia dei presenti e consapevolezza di aver assistito a un altro centro pressoché perfetto, bene così. (Michele Giorgi)

OM + DEMDIKE STARE + LICHENS, 22/9/2012 

Torino, Teatro Colosseo.

La serata s’intitola “Musica Come Estasi” ed è quasi banale pensare che i gruppi invitati facciano proprio al caso dell’evento. D’altronde questo è incastonato nel programma di MiTo Festival, lungo ed eterogeneo happening settembrino ─ si va dal rock alla contemporanea e le sue mille variazioni ─ che unisce due città vicine come Milano e Torino. Il luogo scelto è di primo acchito spiazzante, un teatro di stampo piuttosto classico (dove al limite si tiene qualche concerto di cosiddetta musica leggera), che poco sembra aver a che fare con i gruppi presenti per l’occasione. Ma tant’è, noi siamo giunti per godere dei tre live-set, e va bene cosi.

Inizio puntuale: Robert Lowe, ormai terzo membro degli Om ed ex 90 Day Man, sa il fatto suo, ci propone un paio di lunghe suite per una mezz’ora di suoni oscillatori (specie la prima) che fanno il verso ai Silver Apples muti e a istanze di marca ambient-drone, a tratti celestiale e a tratti come una sorta di soul più ascetico. Nella seconda parte si permette il lusso di omaggiare rispettosamente i corrieri cosmici di una volta, come fosse davvero il 1970. Interessante il connubio con le immagini psichedeliche e colorate. Promosso.

Brevissima pausa e finalmente assistiamo al live del duo mancuniano. I Demdike Stare sono sulla bocca di tutti gli appassionati più attenti, ormai, e se lo meritano: il loro è un portentoso baccanale elettronico dove l’interazione tra i due laptop, il giradischi (quella puntina che lavora incessantemente) e le immagini (il found footage coraggioso e spettacolare di vecchie pellicole più o meno di serie B) fa davvero impressione. Sono precisi, glaciali, al contempo animaleschi e immaginifici. I due, insomma, vincono su tutto perché riescono a interpretare con un linguaggio rinnovato le mai sopite paure metropolitane costruite ad arte nella fonderia horrorifica ─ da perfetti indagatori dell’incubo ─ nella quale operano. Senza dubbio il live dell’anno.

Chiudono gli Om, le star della serata. Dopo una pausa per sistemare la strumentazione, ecco Al Cisneros, Emil Amos e Robert Lowe materializzarsi davanti ai nostri occhi. Prima considerazione: fa effetto vederli in azione su un palco come questo e non nel solito locale. Li abbiamo già apprezzati lo scorso aprile a Bologna, dove si produssero in un live strepitoso nel quale presentavano le canzoni dell’appena uscito Advaitic Songs. Le ripropongono anche qui, insieme a pezzi del precedente God Is Good e, pur non suonando tantissimo (circa tre quarti d’ora e niente bis), confermano quanto di buono espresso finora. Cisneros si dimena come può al basso, Emil Amos padroneggia la situazione da dietro le pelli come un musicista più che navigato e Lowe rifinisce il tutto con cori, tastiera e chitarre. Un po’ tutto il set è incentrato sulle parti più meditative del loro songbook (infatti l’unico sussulto di watt è nel break centrale di “State Of Non Return”) e alla fin fine pare di scorgere nell’espressione dell’ex Asbestosdeath (e dei riformati Sleep) un ghigno non proprio di soddisfazione. Chissà… forse non era nella vibra giusta. Avercene comunque di serate e gruppi del genere, sempre.

In definitiva tutto molto interessante e degno di attenzione, anche a vedere dai sorrisi degli astanti (abbiamo scorto membri de La Piramide Di Sangue e dei Larsen tra il numeroso pubblico) e dalla ressa creatasi davanti al banchetto del merchandise posizionato nel foyer del teatro sabaudo. (Maurizio Inchingoli)