Homekilling is taping music #2: Bird People, Meth Drinker, Deviated Sister Tv e altri ancora…

Homekilling is taping music nasceva qualche mese fa senza alcuna velleità di avere un seguito, ma solo come aggregante per tutta una serie di uscite contraddistinte dall’essere in cassetta. Scandagliare i meandri oscuri di etichette che a stento su altri lidi verrebbero considerate tali è una sorta di regola implicita, ma anche scritta, del far parte di questa “redazione”.

Non discrimina in base alle copie vendute, ma si ostina a dar voce a chiunque sappia catturare l’attenzione.

Quando le scimmie tra migliaia di anni scaveranno tra le macerie della nostra civiltà e, al pari dei nostri fossili, troveranno i resti di qualche nastro, incuriosite andranno a ritroso per capire cosa fossero e magari su qualche computer scassato troveranno questi articoli. Ma dubito che anche in questo caso arrivino a una conclusione logica che giustifichi tutto questo. E sia chiaro: non stiamo errando, stiamo perseverando.

Homekilling is taping music continua quindi nella stessa direzione (il formato), ma perdendo quell’unico barlume di ragion d’essere legato a un leit-motiv preciso (quello del volume scorso era la piccola realtà romana Angst). Anzi, involontariamente forse, un piccolo comune denominatore tra le uscite di questo articolo c’è. Quale? Ricordate i case con dentro chiodi rugginosi, cassette imbustate in guanti di plastica o sacchi della spazzatura e tutto quel tipo di murder-abilia (prendendo in prestito il nome di un’altra etichetta dedita alle sonorità illecite)? Se sì, accomodatevi.

BIRD PEOPLE, King Of the Grove (Yerevan Tapes, 2014)

Yerevan Tapes

Bird People è il progetto solista di Ulrich Rois, viennese a capo della Feathered Coyote Records, sperimentatore in più contesti da svariati anni, oltre che guru del field recording bucolico. King Of The Grove esce per Yerevan Tapes, che negli ultimi tempi ha velocemente sfornato lavori considerevoli, tra i quali German Army e gli italiani Mai Mai Mai ed Heroin In Tahiti. Venti minuti per lato, andata e ritorno da un lungo viaggio esplorativo dell’universo fisico e di quello immaginario. Partendo dal bosco in questione, “To Peer Into The Huntress’ Mirror” ovatta le orecchie con una muraglia di suoni e raffiche di tempesta in crescendo, poi si quieta e dà spazio a flauti, corni e strumenti a corda che riportano la piccola foresta a una pace ideale. Al ritorno, partendo da una brughiera nebbiosa e umida dove risuonano strumenti solenni e drammatici ci si addentra in dimensioni più folkloristiche con cupi tratti drone. Cori di volatili interrompono continuamente le atmosfere silvestri generate dal field recording, con una particolare attenzione per i sibili del vento. King Of The Grove è un lavoro di landscaping acustico completo, che racconta una natura onnipotente e megalitica, ormai disintegrata. (Giulia Romanelli)

METH DRINKER, S/t (Scimmia Bastarda Records / Abisso Serigrafia, 2014)

Meth Drinker

Le emiliane Scimmia Bastarda Records e Abisso Serigrafia hanno recentemente ristampato il primo lp dei Meth Drinker in una combo inscindibile e che fa sognare: t-shirt più tape viola trasparente. Originariamente uscite per la conterranea Always No Fun Records, promotrice della scena underground più insana della Nuova Zelanda, le nove tracce dei Meth Drinker non hanno nulla da invidiare a lavori di band più longeve e affermate, anzi. Le voci di James Quick e Tony Pearson viaggiano ben oltre growl e urla hardcore bestiali: senza imporsi minimamente sulla musica, riescono a far germogliare i peggiori virus interni, e i viaggi mentali alla Begotten si moltiplicano in modo esponenziale. Non c’è un attimo di pace tra i pezzi, e qualche intermezzo con dialoghi – tra disastri in tv, famiglie inguaiate e musichette anni Ottanta trasmesse dalla radio – non fa che aumentare il senso di disagio nel passaggio tra musica malata e quotidianità distorta. Le influenze dei capisaldi dell’universo tossico sludge sono udibilissime, ma non per questo vengono ripetuti riff e tempi già costruiti da Eyehategod, Grief o Noothgrush, così come sono coerenti i richiami al doom più fumoso e meno instabile degli Electric Wizard. Le basi ci sono, e sono ben mescolate con svariate dosi di droghe a vostro piacimento e con le immagini di “Titicus Follies” di Frederick Wiseman nel video di “Broken Down And Used Up”. Se uscirete ancora di casa, il manicomio è da quella parte. (Giulia Romanelli)

DEVIATED SISTER TV, Murder Electronics (Impulsy Stetoskopu, 2014)

Murder Electronics

Le parole dell’anatomopatologo ne “Lo squartatore di New York” aprono la tape di Deviated Sister TV per la polacca Impulsy Stetoskopu. Mario e Alice sfornano un lavoro compatto e coeso, per nulla pretenzioso e ben lungi dalla semplice voglia di stupire giocando coi rumori, connotazione ormai propria di alcuni progetti italiani simili, ma privi di sostanza. L’omicidio, da sempre uno dei biglietti da visita industrial noise, è scisso, analizzato e studiato sul tavolo dell’obitorio in tutte le sue parti, da quella sessuale e impulsiva fino a quella scientifica e giuridica, completando appieno un quadro altre volte lasciato incompleto per superficialità. Ripercorrendo i film storici che lo raccontano, il delitto italiano viene trasportato in un’ambientazione apocalittica in cui la violenza fisica e mentale dominano sull’ultimo barlume di ragione rimasto, schiacciato da mura di distorsioni che penetrano acute nel cervello. La migliore tradizione italiana (Bianchi e Corbelli), fatta propria in troppi casi senza alcuna motivazione, qui è tangibile e rinforzata da anni di nuove sperimentazioni. Le influenze ambient, noise e a tratti power electronics, distribuite e studiate, si adattano perfettamente allo scheletro di ogni traccia. Nulla nel progredire sonoro sfugge via tra le dita come fumo, ma resta appiccicato addosso come i resti di una vecchia malattia dalle solide radici. Inlay confezionato con l’alluminio, tutto avvolto nella plastica nera della spazzatura, lametta omaggio. Tra coerenza, cura dei dettagli e studio, Mario e Alice Deviated hanno serietà e professionalità che oggi non si trovano facilmente. (Giulia Romanelli)

ECOUTE LA MERDE, Diazépam Et Autres Benzodiazépines (Diazepam, 2014)

Ecoute

È il francese Vivian Grezzini a nascondersi dietro al moniker – che penso nessuno abbia difficoltà a tradurre – Ecoute La Merde. Già un nome così lascia intuire con facilità come qua dentro non ci si prenda troppo sul serio e soprattutto – per fortuna, direi – non si prendano troppo alla lettera certi diktat di scuola harsh noise messi in circolo in terra madre da “un certo” Vomir, con il quale Vivian ha tra l’altro più volte collaborato. Quelli ammassati sul lato A di Diazépam Et Autres Benzodiazépines sono synth guasti, avariati, che per certi versi rimandano alle esternazioni più schizofreniche, bruitiste (e anche lontane) di alfieri industriali francesi come Étant Donnés o Stenka Bazin. Delizioso, invece (anche se stiamo pur sempre parlando di merda), il mix a metà tra musique concrète e plunderphonia di “Alprazolam 50mg Per Os”, una de-composizione cleptofonica che potrebbe stare comodamente tra le frange più radicali e “weird” di certi cataloghi tipo quello di Hanson Records. Edizione limitata per Diazepam, che allega un blister del suo psicofarmaco preferito, vuoto però… (Tommaso Gorelli)

HEXEN & WAILING OF THE WINDS, (Diazepam, 2014)

Hexen

In una piccola case rilegata con un ramoscello votivo e accompagnata all’interno da una serie di illustrazioni di Doré-iana memoria, si nasconde il frutto peccaminoso della collaborazione tra l’act russo Hexen e l’emanazione esotista di Mauro “Shiver” Sciaccaluga come Wailing Of The Winds, tornato con questo progetto sulla sua Diazepam dalla trasferta recente su Paradigms Recordings (The Cosmic Dead, Shabda, Urna). L’incontro tra il dronare liturgico di Hexen e il folk liberatore “eitarnoriano” (ma attenti a non andare fuori strada, non troverete con facilità parentele con altri gruppi del genere) di Mauro si spande attraverso un’apostasia fatta rituale, che ha nelle sue catarsi i fumi kraut della versione nera di qualche Ash Ra Tempel. Chi temeva, dopo le dipartite di entità sfuggenti come Brothers Of The Occult Sisterhood o Monks Of The Balhill (e quindi anche The Cosmic Mandoliners), che non si potessero più ricreare quelle seduzioni cerimoniali, occulte e primitive, ascolti con attenzione questo lavoro: seducente, ma anche grondante sangue. (Tommaso Gorelli)

DIE TÖDLICHE DORIS, Losspielen (Mauerstadtmusik, 2013)

Doris

È impossibile non aver mai sentito o letto qualcosa sui Die Tödliche Doris, trio berlinese attivo dal 1980 al 1987, una delle più strambe e assurde band di quel multiforme scenario musicale tedesco che fu la NDW (Neue Deutsche Welle). Una “quasi fedele” traduzione dal tedesco suggerisce che Losspielen significhi “quando tutto ebbe inizio”. Non è una di quelle tante reunion di cui si legge in giro, anche perché ciò non sarebbe possibile, vista la scomparsa nel 1996 di Nikolaus Utermöhlen. Trattasi quindi di registrazioni live inedite del 1980, sepolte in chissà quale polveroso e squallido cassetto di un centro sociale berlinese prima della caduta del muro nel 1989 e pubblicate ora da Mauerstadtmusik. Le coordinate sonore sono sempre le stesse, quelle che hanno accompagnato i Tödliche Doris per tutta la loro breve carriera: una solida matrice noise-industrial addolcita – si fa per dire – da tantissima improvvisazione. Noi li ricorderemo sempre per la registrazione dei rumori provenienti dal microfono cui danno fuoco o per l’inattesa danza industriale presso quello che sembra essere un piazzale autostradale.
Losspielen – anche se (volutamente?) mal registrato – è ad ogni modo interessante: è fatto di voci stonate, gorgheggi, arabeschi, solita autoironia, confusione industriale, schizofrenia dub, batteria minimale e perfino qualche accenno di melodia distorta e malata, come ad esempio “Warm Leatherette”. Cialtroneria o genialità? Noi propendiamo per la seconda ipotesi. (Massimiliano Mercurio)

GERECHTIGKEITS LIGA, Dystopia, Ritus, Atlantis (Aufnahme+Wiedergabe, 2013)

Gerechtigkeits Liga

I Gerechtigkeits Liga furono un duo tedesco formato da Till Brüggemann e Ragnar. Attivi dal 1981 al 1987, sono tuttora considerati una delle band più influenti della NDW, quella d’avanguardia, al pari dei Die Tödliche Doris, dei Cranioclast, degli Einstürzende Neubauten e di molti altri. Nel 2011, dopo ben ventisei anni d’assenza dalla scena musicale, sono tornati con l’album Dystopia, qui presentato e ristampato dalla berlinese Aufnahme+Wiedergabe – etichetta orientata su versanti electro-darkwave – in un box-tape limitato a sole 100 copie, contenente anche gli inediti Ritus e Atlantis.

All’epoca, in Germania, i Gerechtigkeits Liga erano stati probabilmente quelli più aperti e prossimi alle sonorità industrial e d’avanguardia, e Dystopia, accompagnato in alcune tracce dalle percussioni e dalla batteria di John Murphy (componente storico degli australiani SPK), non si discosta molto da queste caratteristiche, che possiamo tradurre in: rumori metallici da raffineria, macchinari pneumatici in funzione e radioattività latente. Ritus, invece, è l’album che proprio non ti aspetti di ascoltare dal duo, nonostante abbia tutta l’aria di essere la versione integrale e più evoluta dell’angosciante Crucified Jesus (1987). È un’oscura e tenebrosa suite dark-ambient industrialoide, realizzata in uno scantinato nel 2010 durante le registrazioni di Dystopia: infernale e asfissiante gas sulfureo, sepolcrale, funereo. Atlantis – suddiviso in Haglock e Hagstice – è un dystopian-remix: due operazioni chirurgiche laser/drone/noise alla scatola cranica, senza anestesia e senza uso di bisturi. Abrasiva/invasiva “Haglock”, caustica e corrosiva “Hagstice”. Un box da avere a tutti costi. (Massimiliano Mercurio)

INSCISSORS, The Architect Of Dead Structures (Dead Master’s Beat, 2013)

Inscissors

Dietro questo moniker si nasconde l’artista greco, proveniente da Atene, Vincent Andelmoth. Qualche anno fa lo si era già intravisto nella splendida e oscura raccolta (2012) intitolata Autolyse e nell’ottima collaborazione con la nostrana Aimaproject in Sub Athenian Structures Alive. La cassetta di The Architect Of Dead Structures – 100 copie (esaurite, pare) rilasciate dalla tedesca Dead Master’s Beat – è letteralmente mummificata all’interno di un bendaggio insanguinato (in realtà vernice color rosso sangue) e serrata ermeticamente con del ferro filato e una forbice per uso medico che ne testimonia il sigillo.

Le tracce sono state composte e assemblate fra il 1999 e il 2011 e mescolano atmosfere plumbee, malinconia da esalazione dell’ultimo respiro, tutte concentrate in “The Worm Cloister”. I rituali gotici/inquisitori di “Nibankari”, le violente dosi marziali di “The Vulturine Playground Act I” e i cavernosi e spettrali paesaggi dark-ambient di “Adjoined Twins”, invece, attestano la morte e la decadenza dell’animo. Molto vicino alla nostra Spettro Family dal punto di vista concettuale, da quello musicale è però orientato verso territori e confini dark ambient/industrial, impreziositi da sfumature classiche moderne dai toni oscuri.
Un album intenso e lacrimevole, a tratti carillonesco, a tratti da ferramenta industriale. Una perfetta colonna sonora noir, ideale per horror-movie diretti da quel pazzoide di Tim Burton. INsCissorS è una sorta di Wumpscut spogliato della sua anima electro-ebm o è semplicemente chirurgica malattia industrial? (Massimiliano Mercurio)