HALSHUG, Drøm

HALSHUG, Drøm

I danesi Halshug sono su Southern Lord. Mi sembra abbastanza chiaro il motivo: appartengono allo stesso filone dei Wolfbrigade, una band che deve piacere molto a Greg Anderson (difficile dargli torto, altrimenti né io né te che leggi saremmo qui). Dunque, di base, stiamo parlando di scuola crust, punk, hardcore, d-beat svedese e inglese. La band è brava a rifare questo sound muscolare, asciutto e che non chiede mai scusa: i primi tre pezzi “Kæmper Imod”, “Do Igen” e “Fantasi” bastano già per suggerire l’acquisto di Drøm. Andrei subito a vederli (sono onesto, non prendo percentuali) se passassero dalle mie parti, augurandomi di veder mantenute le promesse del disco, perché sappiamo tutti che non è detto. Ma darei dieci-quindici Euro alla cassa senza problemi, e poi come va, va. Chiaramente, conosciamo anche i limiti di lungo periodo di questi gruppi: prevedibilità e monotonia. Ecco che allora qualche volta i ragazzi rallentano, ma non è che sia questa grande innovazione, e vanno anche a pescare da altri generi: “02.47” è un brano in cui tutti gli strumenti sembrano essere usati come percussioni e sorgenti di rumore, una specie di industrial à la Halshug che però non fa abbastanza paura, poi c’è il sax di “Tænk Pâ Dig Selv” che è ben inserito, infine “lllusion”, un’altra strumentale con scritto sopra post-punk a caratteri cubitali, davvero qualcosa che il gruppo dovrebbe curare e sviluppare, ma che per adesso sa ancora un po’ di bozza. Comunque non male, dai.