GLI ALTRI, Prati, Ombre, Monoliti

gli-altri

Ritocca la formula ma non la traiettoria generale il quintetto savonese, al suo secondo full-length, co-prodotto da un nugolo (trentotto!) di etichette indipendenti di ogni dove, a due anni di distanza dallo split con gli Uragano e a tre da quel Fondamenta, Strutture, Argini che nel frastagliato panorama hc/post-hc della penisola rappresentava se non un unicum, comunque una variante in grado di galvanizzare.

Le deflagrazioni noise improvvise e catartiche, il recitato alla Massimo Volume, quelle dissonanze impulsive lanciate contro le fondamenta, le strutture e gli argini, in questo Prati, Ombre, Monoliti, sembrano avere un peso minore. Se nel primo disco la dialettica tra controllo e perdita subitanea dello stesso la faceva da padrone, in questi nuovi dieci brani il gruppo sembra propendere per un approccio meno impulsivo e più ragionato, che da un lato forse “normalizza” la proposta, dall’altro apre nuove strade espressive che approfondiscono le istanze che Gli Altri sembrano volerci recapitare. Si viaggia quindi su territori quasi screamo, seppure in una formula più asciugata, concisa e risolutoria, aumentando le dosi di intrecci chitarristici di derivazione post-rock (e in questo contesto l’uso del violino elettrico dà il giusto senso di tensione drammatica) e sviluppando dinamiche à la At The Drive-In che sfociano in decise prese di posizione soniche tipicamente hardcore.

Dai guizzi simil-La Quiete e gli arpeggi di “Prato” alle pieghe drammatiche di “Unai”, passando per le squadrettature riottose degli Snapcase periodo End Transmission di “Nuovo E Diverso Da Te” (brano intensissimo e tra i più efficaci del lotto), il sound de Gli Altri è un corpo che si agita per sfuggire alle costrizioni, passando senza soluzione di continuità, senza fronzoli, e sotto costante pressione, da flessioni introspettive a dispiegamenti all’arma bianca. Come nel primo disco, il vivido dialogo allo specchio tra la forma e quello “struggle” politico/esistenziale (restituito a livello testuale tra il subire la realtà sociale e la necessità di dare spazio agli spasmi resistenti) rappresenta forse il risultato più importante raggiunto dalla band. Band che è riuscita a mettere in piedi trenta minuti tiratissimi in cui difficilmente non ci si sentirà partecipi delle articolazioni e disarticolazioni di quell’inevitabile scontro di cui abbiamo parlato e che così bene e così efficacemente, coniugando la giusta irruenza e un pizzico di padronanza in più, è stato espresso in Prati, Ombre e Monoliti.