EDDA, Illusion

Sembrerebbe soltanto un’illusione – (ooh, ooh, ooh, ooh, ah) Illusion – la bellezza estrema della voce di Stefano “Edda” Rampoldi, quella capacità di scartavetrare dentro, cullando al contempo verso dimensioni migliori. Sembrerebbe un’illusione d’altronde la coesistenza perfetta della ruvidezza e della trascendenza, cioè gli ingredienti-base, indipendentemente da come sono dosati di lavoro in lavoro, della sua ricetta fuori da ogni menù del raziocinio.

Qui, in Illusion, il suo sesto album da solista su etichetta Al-Kemi Records/Ala Bianca, è invece tutto vero, come sempre. La ruvidezza questa volta permane a sprazzi nei testi, saltellando tra cazzi, bestemmie, madonne e donne, mentre le trame sonore si fanno un pregiato tappeto volante per far librare in volo il canto senza genere dell’ex Ritmo Tribale, che prende in cura in prima persona tutte le chitarre presenti e devianti all’appello. La produzione artistica è di Gianni “Marok” Maroccolo, impegnato anche al basso e all’elettronica. Con lui Edda aveva co-firmato durante la quarantena il disco Noio; Volevam Suonar.

È un’illusione forse anche la storia stessa di Edda, dalla sua emozionante rentrée dopo circa tredici anni di assenza dalle scene all’ispirazione che dal 2009 in poi ha marchiato l’acustico e intimista Semper Biot, le sperimentazioni orchestrali di Odio I Vivi, il destabilizzante punk-rock di Stavolta Come Mi Ammazzerai? e il pop anticonvenzionale di Graziosa Utopia, sino ai giochi synthetici del precedente Fru Fru. Illusion si ricollega probabilmente in primis a Graziosa Utopia, se proprio si deve tracciare un parallelo, ma a ben sentire sfodera una varietà interna comunque sia coerente.

Ci sono ballate stupende che lacerano ogni cosa sciabolando surreale leggerezza: “Alibaba” strappa il velo di qualsivoglia confine spaziotemporale, “Gurudeva” edifica una nuova struggente iconografia tra spirito e peccati originali, “Lia” omaggia l’esistenza delle madri al di là della maternità. L’iniziale “Mio Capitano” spalanca la porta su arrangiamenti che vivono di dettagli cangianti, “La Croce Viva” è puntellata dal pianoforte e dall’organo di Antonio Aiazzi, “Signorina Buonasera” si abbandona a capriole funky soul e “Brown” intreccia corde dall’aquatico groove post-rock, mentre gli scatti più nervosetti arrivano con la ludica “L’Ignoranza” e l’irruente “Carlo Magno”.

Nelle canzoni animiche e animalesche di Edda tutto vola e tutto viola, per citare una “Trema” ai confini del mistico e anti-bellico delirio psych-blues. C’è il presente che manda via il passato e guarda, in “Mirai”, le stelle del futuro. C’è il disagio, di chi suona e di chi ascolta. Il disagio che non tradisce mai e si trasforma con nonchalance in concretissimo stato di grazia. Ci sono al solito l’estasi e la morte, ci sono mille e una rinascita.

Tracklist

01. Mio Capitano
02. Alibaba Lato
03. La Croce Viva
04. Lignoranza
05. Signorina Buonasera
06. Trema
07. Carlo Magno
08. Gurudeva
09. Lia
10. Mirai
11. Brown