CATERINA BARBIERI, Born Again In The Voltage

Born Again In The Voltage (Important Records): 500 vinili sold out praticamente già prima dell’uscita. Caterina Barbieri funziona, è nel cartellone di tutti i festival che contano (a memoria: Berlin Atonal, Mutek, mi pare andrà all’Unsound…) e ogni suo disco riceve grandi apprezzamenti. Anche questo nasce all’EMS di Stoccolma e dal sintetizzatore Buchla: siamo nel periodo 2014-15, quello in cui Barbieri comincia a farsi conoscere (antecedente a quello in cui ha messo insieme Patterns Of Consciousness, il suo primo full length) e ci mette di fronte alla bellezza di un suono puro ed essenziale che sgorga dal silenzio, si espande, prende vita, scorre e può rimettere al mondo una studentessa di musica. In “Human Developers” e “Rendering Intuitions” si sente – è una novità – il violoncello di Antonello Manzo, e io lo interpreto come una sperimentazione sul timbro dei suoni dei due strumenti (non lontana concettualmente da quella degli album collaborativi tra Anthony Pateras ed Erkki Veltheim), la ricerca di un nuovo colore per i quadri astratti di Barbieri: curioso come ogni tanto, per brevi istanti strumento elettronico e strumento acustico non si distinguano. Sull’altro lato ci sono “How To Decode An Illusion”, il tipo di pezzo che ci si aspetta da lei, e “We Access Only A Fraction” (pillola rossa o pillola blu?), rubata a un arcade game degli anni Ottanta mai arrivato in sala giochi.

Buono anche questo, la musica e i fatti parlano chiaro. Forse non il primo disco di lei che farei comprare, ma…