ANDREA GROSSI BLEND ORCHESTRA, Four Winds

Musica di mescolanza, rischiosa e in perenne bilico sulle categorie, come tutta la produzione We Insist!. Musica esposta ai quattro venti, quella di Andrea Grossi, compositore e contrabbassista giovanissimo (classe 1992) che dimostra, però, di sapere bene quali obiettivi perseguire e da quali maestri farsi guidare nella sua particolare ricerca di spazi d’azione liberi dalle convenzioni, in cui sia in grado  di svilupparsi una creazione che possa dirsi davvero “unica”.

Grossi conduce l’ascoltatore al centro della rosa dei venti, in cui da ogni direzione arrivano stimoli sonori, rimembranze di stili differenti – dal jazz più sincero alle parentesi avant, ai riff rock – in folate che si impastano, vorticano e ci restituiscono un suono conosciuto, eppure nuovo. Cesellato con pazienza nell’arco temporale di due anni, Four Winds è costruito su un impianto spaziale ispirato alla geografia dei venti e a tutto ciò che essa può comportare in termini di ancestrali significati simbolici: ai quattro venti greci e ai punti cardinali da dove essi soffiano – Borea da Nord, Noto da Sud, Euro da Est e Zephiro da Ovest – l’autore aggiunge un medium, il vento migrante, che cambia direzione e funge da addensante, generando (da) sempre nuove identità e nuove miscele di odori, senza steccati o confini, omaggiando chi nella vita e nell’arte riesce a rigenerarsi adattandosi ad ogni condizione. Parliamo quindi di un’opera corale scritta per un’orchestra di dodici elementi, con lo stesso Grossi al contrabbasso, Simone Quatrana al pianoforte e Filippo Sala alla batteria e percussioni; spicca la presenza ai clarinetti di Giancarlo “Nino” Locatelli, che va a completare la poderosa sezione fiati composta da Caterina Biagiarelli al flauto, Rebecca Roda all’oboe e al corno inglese, Gabriele Fava al sax soprano, tenore e al flauto, Manuel Caliumi al sax alto, Massimiliano Milesi al sax tenore e soprano, Paolo Malacarne alla tromba e al flicorno, Andrea Baronchelli al trombone e al basso tuba. La scrittura composita dei fiati si intreccia spesso con le ruvide sferzate della chitarra di Michele Bonifati: come in “Balios”, brano in cui la trama ritmica dei soli si infittisce avvolgendosi attorno ad un ostinato giro armonico per poi sfaldarsi al culmine di un tempo più largo, come un vento nervoso che trova finalmente requie. Conservando una certa freschezza e immediatezza, l’album si configura come un lavoro complesso che non rinuncia alla scrittura e alla solidità di un testo che mostra l’imponenza del “disegno preparatore” in ogni frammento; anche nelle trame più elaborate si intuisce il tema, la figurazione e l’idea, che, limpida, si fa riconoscere. Dopo il ritorno di Zephiro – che inseguendo l’agognata Clori apre un varco di profumi cangianti per accogliere il passaggio di Venere – ecco giungere Euro, vento dell’est carico di visioni sospese, solitarie, crepuscolari, raccontate egregiamente da Grossi e dal suo contrabbasso. Sulla scia del crine che sfiora le corde tese è facile sentire lo svuotamento del soffio, l’aria tra le fronde inficiare con le sue crepe il silenzio e insinuarsi nelle fessure dell’anima fino a costipare il cuore.

Andrea Grossi è riuscito nell’intento di raccontare in modo originale un presente fatto di identità variabili attraverso simboli ed archetipi tanto conosciuti quanto enigmatici, con la semplicità e l’arditezza di un giovane artista sicuro di sé e dei suoi mezzi, prendendosi i tanti rischi che implicano certe tematiche. Un plauso deve andare alla We Insist! Records che, con dischi come questo, dimostra che può ancora esistere una fucina dove giovani talenti possono trovare uno spazio di libertà e di sperimentazione, magari accanto ad artisti d’esperienza e a produttori illuminati che possano accompagnarli nei loro percorsi.