AND, When Stars Collide

In queste settimane la visione della seconda parte di “Dune” è diventata il battesimo del fuoco per ogni essere umano senziente sul globo terrestre. Ci sono rimasto sotto anche io. Non riesco quindi a fare a meno di visualizzarmi questo disco sparato a volumi inverosimili a qualche rave organizzato dagli Harkonnen, casata di Dune che per fattezze ed estetica assomiglia in maniera sospetta al generico raver dallo sguardo truce, pelata sgargiante e occhiali da sole d’ordinanza. Un esercito di gabberoni dediti alle conquiste intergalattiche. Segui il fluire della spezia e arriverai su Arrakis, segui la techno e ti ritroverai davanti il barone Harkonnen con la mascella al livello dei malleoli. Questo disco si muove nell’immaginario techno assumendo le sembianze di un distributore di ansie proiettato nello spazio più profondo. Un ascolto non agevole, ogni dettaglio sembra costruito appositamente per sembrare il più scomodo e disagiante possibile. Operazione che viene fatta in un modo forse fin troppo didascalico, quasi fosse la parodia di sé stessa, qualcosa che cerca di essere forzatamente sempre sull’orlo di una crisi nevrotica perché è cool. I giovani d’oggi direbbero “edgy”. Otto tracce che si livellano su uno standard comprensibile fin dai primi bpm, con nessun capitolo che riesca veramente a emergere dalla cacofonia metallica della techno industriale che ci presenta davanti l’artista inglese. Dopo il trittico iniziale, acidissimo ma monotono, si passa a “Wavy G”, quasi una versione di Mr. Oizo sotto Fentanyl che accende qualche barlume di interesse, soprattutto alla voce “produzione”, che finalmente ci presenta un soundscape degno di essere lanciato nell’iperspazio. La seguente “Sun Ray” frantuma il muro invisibile dell’apatia inserendo frammenti breakbeat che riattivano l’attenzione, ma l’idillio con questo When Stars Collide dura quasi quanto un battito di ciglia. La sovrapposizione di poliritmie metalliche di “Galactic Cluster” è l’ultima stella a brillare nel firmamento cupissimo di AnD, un cielo costellato di alcune luci e molte ombre, buchi neri che inglobano tutto quello che gli circola attorno.

Si arriva ad un punto in cui la miriade di input digitali del disco tracimano in un’overdose di stimolazioni, una sensazione di spaesamento che rende difficile apprezzare fino in fondo questa uscita. Consigliato per irritare i vicini a volumi illegali, sconsigliato per i deboli di cuore. Tanto ascoltabile quanto dimenticabile.