217, Atheist Agnostic Rationalist

Lavoratori, buongiorno. La direzione aziendale vi augura buon lavoro. Nel vostro interesse, trattate la macchina che vi è stata affidata con amore. Badate alla sua manutenzione. Le misure di sicurezza suggerite dall’azienda garantiscono la vostra incolumità. La vostra salute dipende dal vostro rapporto con la macchina. Rispettate le sue esigenze, e non dimenticate che macchina più attenzione uguale produzione. Buon lavoro.

Si apre con un messaggio diffuso in fabbrica e tratto dal film di Elio Petri “La Classe Operaia Va In Paradiso” l’album Atheist Agnostic Rationalist dei 217, formazione nuova nata dalle ceneri degli Straight Opposition e quindi profondamente radicata nella città di Pescara, anzi, oseremmo dire, erede diretta di chi ha rappresentato per un lungo tempo il vessillo della scena hardcore locale. 217 è un nome cui gli stessi componenti danno differenti significati (cfr. intervista), ma non si può evitare il parallelo con un altro nome, uno di quelli storici dell’hardcore americano dei Novanta: i 108, band che proprio a Pescara suonò insieme agli Abhinanda per una data che ancora ricordo come fosse ieri. Ma torniamo all’oggi e al come i 217 prendano le mosse proprio da quei suoni già contaminati, così come dagli Slapshot, dai DYS e in genere dall’hardcore americano degli Ottanta, in un continuo gioco di rimandi tra anthem potenti e squarci metallici, stop & go e slabbrature noise (“Die116”), il tutto al servizio di un linguaggio tanto diretto quanto ricco di infiltrazioni esterne, sempre alla ricerca di qualche elemento che ne spezzi la corsa per arricchire il menù dal forte taglio old-school. A citare i Warzone si potrebbe parlare di old school to new school, ovvero di un suono instabile in continuo equilibrio tra pulsioni differenti così da ottenere una propria variante, una propria via attuale ma non per questo dimentica delle proprie origini e di ciò che l’hardcore vuole rappresentare. Ciò che ne fuoriesce è un lavoro che colpisce l’ascoltatore e raggiunge lo scopo di entrare in mente, di lasciare una traccia e di farsi apprezzare proprio con il crescere degli ascolti, soprattutto con l’aggiunta di testi non banali e di un filo conduttore che collega tra loro i brani alla luce della necessità di mettere in dubbio sempre tutto ciò che ci viene propinato quotidianamente. Hardcore come andrebbe inteso nella sua accezione più completa di musica che spinge a riflettere, che si cala nel sociale e non si accontenta di fare da mero sottofondo o semplice colonna sonora. Tutto qui, che magari sembra poco ma in realtà è molto, soprattutto di questi tempi. East Coast anno 2019, appunto.

Tracklist

01. Dark medieval Times
02. Take Your Garbage Back
03. Piaf Has Not Yet Fallen
04. Leave Your Enemy Alone
05. I Won’t Empathize With You
06. Marcusian
07. Lack Of Identity
08. Shooting Rita
09. Total Breakdown