AA.VV., Doommantia Vol. 2

Doomantia

Per i devoti della musica pesante, densa e lenta, che puzza di muschio, muffa, incenso, insomma di cripta; per chi ama il metallo epico nell’incedere e nel canto (altro che power metal …); per chi preferisce suoni sporchi, distorti quando non dissonanti, e un canto sgraziato; per i fanatici delle schitarrate grezze e pastose, del fuzz, del groove blues o desertico, dell’hard rock suonato all’ombra dei saguari e con la compagnia di uno spinellazzo comunitario, della psichedelia moderna ma che sa orgogliosamente di “vecchio”… per voi, o seguaci del metallo mammuth, arriva la nuova raccolta, o compilation, della webzine Doommantia.

Si tratta della seconda compilation ufficiale, pensata – come la prima – a scopo di beneficenza (a sostegno del fondatore della webzine, che si è trovato ad aver a che fare con la sanità statunitense …). Se il Vol. 1 era ed è grosso e succulento, il secondo episodio è più che monumentale: è planetario! Di dimensioni e di fatto, visto che coinvolge 85 band da ogni parte del globo.

Gruppi da tutto il mondo (noti e non, “sotto contratto” e non), volontariamente, si sono fatti coinvolgere in questo Vol. 2 e alcuni di questi musicisti hanno proprio assemblato il tutto, curandone anche la parte grafica.

La carrellata inizia, nel modo più ovvio ed appropriato, con una spettacolare bastonata doom-drone psychedelico di oltre venti minuti dei Salem’s Pot, dalla Svezia. Ma che ci importa? Mica abbiamo fretta! Non è il proprio caso di fare la cronaca track-by-track, ma è invece opportuno almeno nominare in qualche maniera i gruppi coinvolti. Ovviamente i gruppi americani sono preponderanti. A loro ci arriverò. Prima però uno sguardo agli altri…

Visto che siamo un po’ campanilisti, diciamo con orgoglio che gli italiani sono degnamente rappresentati dal doom dei Black Capricorn, dallo sludge malato dei Blood Red Water, dalle atmosfere oscure dei Buioingola, dallo stoner tirato dei Dust Storm Warning e dal bollente jamming psichedelico dei King Bong. Un pezzo d’Italia c’è anche negli Electric Taurus, maestri di fuzzy doom da Dublino, Irlanda, così come sono irlandesi gli stoner metallers Castero. Dal Cile, terra di deserti e montagne, arrivano gli A Sad Bada, dediti a sludge/post-metal bello oscuro, e, giustamente, il gran stoner doom psichedelico di El Gran Temor. L’Argentina è rappresentata dagli stoner metallers Banda De La Muerte, mentre dal Venezuela arrivano una dose di gran sludge noise dai Cultura Tres. La Spagna contribuisce con il crusty sludge dei Dispain(connessi ai drone doomster Hipoxia) e Mothersloth, fuzz rockers distributori di riff senza pietà. Non ci sembrerà nemmeno che vengano dalla Francia i Doctor Doom con il loro “retrogressive rock’n’roll” di ed il solo project Southern Badass con il suo southern heavy metal infettivo. La Germania va giù dura con il carico di doom, seppur atmosferico, dei Derailed e lo sludge-doom viscoso dei Nightslug, questi ultimi connessi agli Union Of Sleep. La Svezia, oltre ai Salem’s Pot, manda i bravi Pike, dediti ad uno stoner doom un po’ sperimentale. La Finlandia è presente con una sola giovane heavy doom band, i Wolfshead, con gente nientemeno che dai Fall Of The Idols. Una sola band anche per l’Olanda, S.I.M.B., cioè Satan Is My Bitch, quartetto di hard stoner rock in realtà di origine bulgara. E allora andiamo ancora più ad Est, e sfioriamo appena la scena, notevole, dell’Ucraina con la desert-psichedelia dei bravi e giovani The Curse Of Wendigo, col dinamismo stoner degli Stoned Jesus e con il doom-sludge atmosferico e potente dei Nonsun. La Russia non può mancare, e non manca, con le varie sfumature di sludge degli Electricjezus e degli Evoke Thy Lords e con la maestosità gotica del doom-death metal dei Graveflower. Ancora più ad Est e scendendo si arriva agli antipodi. L’Australia compare con un carico di groove generosamente fornito dal “doom blues” dei The Devil Rides Out, dallo stoner degli Arrowhead, dallo stoner sludge dei Goat, dal fuzzy doom psichedelico dei grandi Mother Mars e dallo southern sludge appassionato dei Lomera, anche se poi ci pensano gli oscuri Golden Bats e Yanomamö – band giovane ma connessa a Ritual Of The Oak, Lomera e Fattura Della Morte – a riportare il buio con l’aiuto del loro sludge rabbioso. Dalla scena pazzesca e autenticamente “no-prisoner” della Nuova Zelanda arrivano solo i Mosquito Control, ma sono micidiali e forse i più marci di tutti in assoluto con il loro sludge estremo e malatissimo.

Siccome siamo in ambito Commonwealth, torniamo in Gran Bretagna con i balsamici hard rockettari Grifter e le varie nuances di doom, dall’affascinante drone psichedelico degli Undersmile al “post-stoner” dei Valfader, dal doom di velluto degli Alunah al groovy sludge-doom dei Greenhorn. E ancora: lo sludge lo-fi dei giovani scozzesi Atragon e quello ruvido ed oscuro degli ottimi Bastard Of The Skies, il doom eclettico dei Camel Of Doom e le sonorità altenative-sperimentali dei londinesi Jethou.

Attraversiamo l’Oceano Atlantico e in Canada campioniamo poco ma pesante. Il solo project Necronomicon si dedica a un heavy doom dinamico, mentre gli IRN si danno a uno sludge-doom cupo e i The Whorehouse Massacre a uno sludge che ricorda il legame di questa band con la scena di Cleveland, Ohio (Fistula, Ancient Sickness, Sollubi e soci).

Finalmente negli Stati Uniti: non so se ogni stella della bandiera sia rappresentata, ma credo che ci siano band che arrivano da tutti i punti cardinali sul territorio americano, anche se primeggiano alcune scene “chiave” come quelle dell’Oregon e del Maryland. Con i solo project A Death Cinematic, DesolationSomber Catalyst si va in territori doom-drone / experimental-ambient, con gli Spiral in territori psych sperimentali. In un caso o nell’altro sonorità che servono come variante atmosferica alla carica del doom e dello sludge più grezzi.

A questo proposito ci sono un bel po’ di band da scoprire o da ritrovare: gli Alabama Church Fire, i Boneworm e i Lamprey da Portland-Oregon, gli Abacus, che condiscono lo sludge anche con un po’ di powerviolence, gli Hollow Leg (con un album appena uscito), i Beast In The Field, i Chimpgrinder, il “True American Pork Metal” degli Swamp Hög, i Whilt e i loro compari ruvidissimi In The Company Of Serpents.

Se vi piacciono anche le contaminazioni post-metal e sludge-doom variamente sperimentale, troverete pane per i vostri denti con i Darkentries, Catapult The Dead, Grey Host e Plague Mask, oppure con i Vulgaari (connessi a Bastard Saint, In-Graves, Place Of Skulls…) e il loro doom-death intensamente melodico. Soprattutto verrete annegati dalla marea del groove americano in tutte le salse: il “blackened southern sludgecore” dei Junior Bruce, lo “sludge prog” dei Sorus, l’heavy metal degli Spyderbone. E poi si va di Green Bastard, Clamfight (che hanno contribuito alla preparazione della compilation), Bearfight di Savannah-Georgia, Stone Magnum, anima incredibilmente groove di gente che milita in bands brutali come Kommandant e Black Funeral. Non finisce qui: “l’heavy blues doom” dei Rowsdower e il “grungy bles doom” dei The Jackpine Snag, i Supervoid con il loro “kinda heavy stoner-ish rock”, la carica heavy doom e la bella voce femminile dei Second Grave, connessi ai Warhorse e Black Pyramid, voci femminile e doom psichedelico in Heavy Temple, psych jamming con i bravi The Heavy Co., i riff da Saint Vitus negli Snake Oil, il southern groove doom degli Switchblade Jesus e – per chiudere in bellezza la rassegna – gli Sleestak, che sono del Wisconsin ma è come se venissero dal Maryland, e, parlando di Maryland e doom come sanno fare da quelle parti, Land Of Doom e, per forza, i mitici Iron Man, che hanno un album in uscita.

La compilation Doommantia Vol. 2 è scaricabile da Bandcamp in qualunque formato. Siccome è per beneficenza, il download non è gratuito. Si pagano 10 dollari, o anche di più, se si ha voglia di aumentare l’offerta.

Una bazzecola per più di 9 ore di musica e un viaggio globale tramite la voce di più di 80 band…