WADADA LEO SMITH, Trumpet / WADADA LEO SMITH, MILFORD GRAVES, BILL LASWELL, Sacred Ceremonies

Lungo tutto il 2021 l’etichetta finlandese TUM celebrerà gli ottant’anni del trombettista Wadada Leo Smith con una serie di uscite dedicate. Le prime sono due box da tre cd ciascuno, usciti a fine maggio: il primo in solitudine, registrato in una chiesa del XV secolo a Pohja, nella costa sud del paese scandinavo. Cinquant’anni dopo Creative Music 1: Six Solo Improvisations, il suo primo album da leader, Smith firma il settimo capitolo delle sue esplorazioni per strumento solo con il tautologico Trumpet (suo anche l’artwork), dopo Solo: Reflections And Meditations On Monk del 2015. Strumento fatto per chi “sogna sogni, per chi può rendere autentica l’illusione nella realtà”, la tromba di Wadada scova spigoli e spazi, come in un viaggio nel puro suono, perfettamente tradotto in parole nelle note di copertina da Oliver Lake:

Wa da da
equal sound
Wa da da dip bleep sigh long short da da
pure sound
Wa da da is the sound man

Altre parole sarebbero superflue per raccontare l’irraccontabile, ovvero oltre due ore di possibilità del respiro: the man with the horn dedica i suoi soliloqui a monumenti come Albert Ayler, Reggie Workman, Steve McCall, Leroy Jenkins. Smettete di fare quello che state facendo, sedetevi, ascoltate questa musica, chiudete gli occhi ed apriteli verso dentro. Mentre per Trumpet sono serviti quattro giorni di sessions, per Sacred Ceremonies ne sono bastati tre, uno per ogni incontro: il primo con il grande Milford Graves, scomparso a febbraio, il secondo con il basso rabdomante di Bill Laswell ed il terzo in trio. Dall’Africa astratta e remota dei dialoghi con Graves, attestati su cadenze allusive e capaci di portarci in luoghi familiari eppure esotici, come una giungla psichica e tutta interiore, al dub mentale della conversazione in una caverna platonica con il proverbiale basso abissale di Laswell (da un momento all’altro ci si aspetta di sentire ergersi, ieratica ed indimenticabile, la voce di Raiz degli Almamegretta: qualcuno si ricorda il fantastico progetto Ashes, con Bernocchi, di un secolo fa?) fino all’improvvisazione a tre, aperta dalla programmatica “Social Justice- A Fire For Remaiging The Word”, di invocazioni di spiriti ancestrali e trame libere. La preferenza di chi scrive va, in questa cornucopia, forse al volume in duo con Laswell, vuoi per il peculiare assetto tromba-basso elettrico o per il fatto che sposta un poco l’asse dalle orbite consuete.  Tra settembre e novembre in arrivo altre novità per il musicista del Mississipi: come un fiume inesausto scorre il flusso del suono, e quindi aspettiamoci il secondo lavoro del Great Lakes Quartet, con, tra gli altri, Jack DeJohnette alla batteria e Henry Threadgill ai sassofoni, un trio con lo stesso DeJohnette e Vijay Iyer dedicato a Billie Holiday per arrivare sino a due succosi box: i dodici quartetti per archi (su 7 cd) che raccolgono composizioni che vanno dal 1965 al 2018 ed il quadruplo Emerald Duets, con Han Bennink, Pheeroan akLaff, Andrew Cyrille ed ancora DeJohnette. Prepariamoci allora a fare altro spazio per il diluvio in arrivo. Come scriveva Ennio Flaiano: “La tromba al finale. La tromba allude sempre all’Apocalisse.”

Bill Laswell and Wadada Leo Smith fotografati da R.I. Sutherland-Cohen.
Bill Laswell and Wadada Leo Smith fotografati da R.I. Sutherland-Cohen.