UFOMAMMUT, 22/9/2017

Milano, Santeria. Foto e articolo di Antonio Cassella.

Pubblicare otto album è un traguardo non da poco per qualsiasi gruppo. Vuol dire aver tracciato una strada, aver definito una maniera di esprimersi col suono, con l’attitudine, con una personalità che è andata maturando nel corso degli anni. L’impresa diventa ardua, se si pensa a quanta dedizione sia necessaria per lavorare a un progetto che si evolve inevitabilmente; assume tratti epici, se la si considera come una carriera di quasi vent’anni nell’underground internazionale, frutto del legame indissolubile che lega i tre componenti di un’unica, immutata formazione.

Ufomammut è diventato questo, nel tempo: una certezza. I dischi parlano da soli, disegnando una delle parabole più consistenti e interessanti dello stoner, dello sludge e dell’heavy rock psichedelico, in Italia e non solo: l’entrata nella scuderia Neurot è indice di quanto la proposta sia d’ampio respiro e apprezzata ovunque nel mondo. A sostegno di un’indiscussa qualità musicale, poi, si è sempre sapientemente messo il nome di Malleus, il collettivo di cui fa parte lo stesso chitarrista Poia, che ha forgiato un apparato iconografico originale, elegante e mai scontato.

Partendo da queste premesse, la presentazione di 8 non poteva che essere una vera e propria festa, una celebrazione gioiosa dei primi diciott’anni di carriera degli Ufomammut, incorniciata dalla poliedrica, azzeccatissima location del Santeria Social Club, locale perfetto per ospitare l’evento. In uno spazio espositivo, inaugura alle sei di pomeriggio la mostra di Malleus, una retrospettiva delle copertine, delle pregevoli locandine e degli studi realizzati solo ed esclusivamente per gli Ufomammut. La storia e l’evoluzione della band vengono delineate da un percorso cronologico e stilistico fatto di carboncini, chine e stampe estremamente coeso; dalle pareti prende pian piano vita un immaginario che, ormai da anni, ogni appassionato della scena stoner-doom ha imparato ad attribuire senza esitazione allo studio torinese.

Oltre all’esposizione, la serata prevede un ricchissimo spettacolo della band, che si esibirà in due set differenti. Il primo, alle nove e mezzo di sera, è una selezione dei brani più classici e rodati, una performance che inizia subito ad “assalire” il pubblico, nonostante Urlo, Poia e Vita appaiano rilassati e sicuri come chi ha la consapevolezza di suonare tra amici, di giocare in casa. L’acustica encomiabile del Santeria aiuta a godere appieno dell’esperienza e dopo un’ottima “God” questa parte dello spettacolo finisce.

La sala è già abbastanza piena, ma continua ad arrivare pubblico che, da fuori, attende l’inizio del secondo set, quello durante il quale verrà eseguito 8 nella sua interezza. Arriva il momento tanto atteso e sin dai primi istanti si capisce che si sta cambiando registro; le atmosfere si incupiscono e anche le immagini d’accompagnamento divengono più essenziali e d’impatto, proponendo paesaggi desolati e dettagli monocromi, amplificando il crescendo d’intensità che “Babel”, la prima traccia del disco, inizia a stabilire. Il sound riporta alla mente Oro, con i suoi movimenti irregolari e monolitici e, al contempo, inizia a diventare evidente come l’inclusione nell’etichetta di Steve Von Till e soci abbia in qualche modo contribuito a rendere più claustrofobico e introverso quest’ultimo album.

“Warsheep” marca un cambio più cadenzato e marziale, mentre con “Zodiac” si ricomincia a trovare la struttura canzone più consona al trio, impostando un tenore continuo e sostenuto anche nelle due  tracce successive, fino alla vera e propria discontinuità di “Core”, che apre alla parte conclusiva del concerto. Con “Wombdemonium”, perfetta nel coniugare la tipica struttura  doom vecchia scuola alle ritmiche di matrice post-metal della conclusiva “Psyrcle”, che con i suoi falsi finali conclude uno spettacolo magistralmente sostenuto, senza sbavature e perfettamente eseguito. Solo in questo momento, dopo che gli amplificatori e la batteria hanno taciuto, c’è tempo sufficiente per uscire dalla pervasività dello spettacolo e realizzare quanto intensa sia stata la reazione del pubblico milanese, accorso in massa a riempire gli spazi del concerto.

Una festa ben riuscita, con dei maestri di cerimonia particolarmente in forma e in grado di stupire, pur restando sempre fedeli alla propria natura e al proprio stile.