Rumore e sogni – Il tour giapponese dei Trrmà

Una passione che parte da lontano

Rumore e sogni - Il tour giapponese dei TRRMÁ

Suonare in Giappone è stato sempre un sogno per noi che ammiriamo la sua cultura: dai cartoni animati, con cui siamo cresciuti, ai videogame, fino all’impatto che la sua tecnologia ha avuto sulle nostre vite e sulla nostra musica: siamo stati piacevolmente investiti dalla violenza espressiva di artisti quali Incapacitants, Keiji Haino e Fushitsusha, Otomo Yoshihide, Goat JP, solo per citarne alcuni. Il sogno si è materializzato nel momento in cui si è realmente riscontrato un grande interesse nei confronti nel nostro progetto da parte di promoter, webzine e musicisti. Il tour ha attraversato il Giappone da Nord (Aomori, Sapporo) a Sud (Fukuoka, Ōita ed Ōmuta), passando per moltissime altre città, alcune volte nelle grandi metropoli, con più concerti: Tokyo, Osaka e Nagoya. Poi ancora Gifu, Okayama, Hiroshima, Odawara, Morioka, Kōriyama, Sendai, per un totale di ventiquattro performance in ventisei giorni circa. Le venue, molto diverse fra loro, spaziavano da quelle propriamente adibite alla musica dal vivo, super-eclettiche e aperte alle più disparate sonorità (Nine Spice e Club Goodman a Tokyo, Peak Action a Kōriyama, FM Stage ad Iwata, Birdland a Sendai), a quelle dedite all’impro e al jazz d’avanguardia (Nanya a Nagoya, Good Music And Life a Odawara), alla musica elettronica come Mother Morioka a Morioka, senza dimenticare i templi della musica noise come il Bears di Osaka. Ovunque abbiamo beneficiato di una grandissima cura del suono, sia per la strumentazione che per la competenza di tecnici e addetti ai lavori: tutti studiano come fonici prima di intraprendere questo mestiere e ciò si riflette sul livello qualitativo dei concerti, soprattutto nell’attenzione ai particolari. Raramente ci si imbatte in superficialità e niente viene lasciato al caso: i tecnici sono molti giovani e disponibili, i locali poliedrici e adatti ad ospitare concerti di diverse dimensioni, pure la puntualità di soundcheck e timetable è impeccabile e permette agli appassionati di seguire un evento con molti artisti senza far tardi. L’audience, di età differenti, di solito è concentratissima e curiosa, soprattutto silenziosa e parecchio interessata alla strumentazione e ai metodi di composizione. La puntualità dell’organizzazione rispecchia anche quella degli spettatori: tutti arrivano venti minuti prima del concerto, è rarissimo vedere persone in ritardo (sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti dei musicisti) e tutti se ne vanno solo alla fine. Culmine del concerto è l’afterparty, che consiste nel mangiare tutti insieme alla fine della serata: ciò permette di conoscersi meglio e di fare conversazione in un’atmosfera sempre rilassata. I musicisti sono di un livello tecnico altissimo, considerato che la maggior parte lo fa nel tempo libero dal lavoro: i progetti più interessanti, comunque, sono sembrati quelli di artisti che viaggiano molto fuori dal Sol Levante e collaborano con quelli stranieri, specialmente in Europa e negli States. Siamo rimasti molto colpiti dai concerti di Kōichi Makigami: un live in cui ha combinato vocalità sperimentale estrema e tecnicissima con strumenti tradizionali preparati e un Theremin. Makigami ha pubblicato dischi per la Tzadik e ha collaborato con moltissimi musicisti, John Zorn, Ikue Mori, Mike Patton solo per citarne alcuni, e con Tatsuya Yoshida, iperattivo batterista dei Ruins e di milioni di altri progetti in Giappone e nel resto del mondo. Con quest’ultimo abbiamo avuto la fortuna di suonare insieme il nostro “Sauca” (vedi testimonianza video); abbiamo suonato anche con Doravideo, icona giapponese dell’elettronica e in particolar modo dei sintetizzatori modulari.

Conclusioni

In definitiva questa per TRRMÁ è stata un’esperienza di incredibile impatto emotivo e musicale, ha aggiunto un tassello importante per la nostra crescita e ci ha permesso di esibirci su palcoscenici prestigiosi di fronte a un pubblico severo ed attento. Il Giappone ha confermato l’idea che ci eravamo fatti dall’esterno, per cui spesso auto-limitarsi è un’ottima strategia per abbattere i limiti stessi e spesso l’appagamento può generare un diverso tipo di curiosità, priva di ansie e competizioni. Quindi  forse può bastare essere un anello di una catena che congiunge una tradizione millenaria alla più perfetta ed evoluta tecnologia. Sicuramente un mese non è abbastanza per chiarire i dubbi, ed è proprio per questo, dato anche l’ottimo responso ottenuto, che ci ritorneremo molto presto.