REINHOLD FRIEDL & FRANCK VIGROUX, Tobel e Tobel II

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Per Friedl il pianoforte non è solo lo strumento che la storia della musica classica ci ha consegnato con un suono connotato e un bagaglio di tecniche altamente codificato. Il piano di Friedl, i suoi organi, diventano una infinità di strumenti in potenza, e musica in potenza è quella realizzata grazie alla sua maestria tecnica. Lo scrive Vincenzo Santarcangelo quando spiega il metodo “inside piano” adottato da Reinhold Friedl per suonare il pianoforte in quanto oggetto esplorabile e non solo strumento a tasti, lo stesso al quale ricorre per questa collaborazione con Franck Vigroux. Friedl, intendiamoci subito, non riesce a stare dentro una webzine come questa: è già passato dalle nostre parti con l’orchestra (?) Zeitkratzer, ma in realtà è troppo colto e complesso. Ci capita sempre più spesso di confrontarci con determinati musicisti perché loro e le etichette vedono in noi apertura mentale e poca voglia di parlare dei soliti nomi, ma servirebbe una redazione a parte. Anche Franck Vigroux è già presente su queste pagine ed è più facilmente gestibile per la sua parentela con Mika Vainio. Difatti il modo che ho per provare a raccontare che succede durante questi due episodi di “Tobel” (includo anche il primo del 2014) è fare il confronto con Life (…It Eats You Up), disco solista dell’ex Pan Sonic pubblicato da Mego nel 2011: corde torturate (di una chitarre per il finlandese, di un piano “a cuore aperto” per il tedesco) ed elettronica analogica e acuminata. Il primo Tobel è scorticante e non dà scampo, il secondo, diviso in tre parti, è più atmosferico e cerebrale, ma questo non vuol dire che nessun suono trafigga. Niente sconti né analgesici: anche quando Friedl torna sui tasti, lo fa rozzamente, trasmettendoci l’idea di un ragionamento che all’improvviso va in frantumi. Questo piano che spezza il flusso elettronico ricorda inoltre il Daniel Menche di Beautiful Blood, tanto per dare un altro riferimento.

Ho un debole per questi album crudi, terrificanti nella loro sincerità. Researching the core of sound, scrivono loro stessi, trovandomi d’accordo. Non ho problemi a sentirmi la marea montante del capitolo iniziale come non provo alcun fastidio nelle fasi tese e serpeggianti del seguito. A qualcuno potrà non piacere, e va bene così. Qualcun altro potrà invece dire che – al di là di tutto l’apparato concettuale dietro al lavoro – il risultato sia lo stesso già sentito altrove. Non credo di poterlo smentire, però non è che siccome a casa ho già i Black Sabbath non posso ascoltare altro doom.

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Tobel-II-Artwork