PETER BRÖTZMANN

Domani sera a Torino suonerà uno dei più grandi musicisti della scena free-jazz europea, Peter Brötzmann. Non sarà solo, però, ma assieme all’americana Heather Leigh, in un live tutto da gustare (e prima di loro gli storici Faust!). Per inciso segnalo che tutti i concerti della rassegna “Jazz is Dead!” sono gratuiti e in un posto particolare come San Pietro In Vincoli, perciò andarci è quasi un obbligo. Lo abbiamo intercettato e lui ci ha raccontato al volo un po’ di cose…

Ears Are Filled With Wonder sancisce il tuo incontro con l’americana Heather Leigh. Come nasce questo incontro e perché decidete di far uscire un disco assieme? Anzi, sta per uscirne un altro, Sex Tape…

Peter Brötzmann: Circa due anni fa sono stato invitato a suonare in duo con Heather Leigh al Glasgow Festival. Avevo visto Heather sei mesi prima con David Keenan ed era stata impressionante… Non avevo idea di come potesse suonare una pedal-steel, ma sono un vecchio piuttosto curioso quindi mi sono detto “sì, facciamolo!” e dopo qualche secondo sul palco già lo sapevo, avrebbe funzionato.

Come sei riuscito a far andare d’accordo i tuoi sax e tarogato con la sua pedal-steel guitar? Si sa della natura piuttosto anarchica della tua musica e dei tuoi strumenti…

Non mi ero organizzato in alcun modo, non c’era niente di preparato, ho solo aperto le mie orecchie (Heather ha fatto lo stesso) e la pedal-steel mi ha portato verso nuovi livelli di musica e bellezza.

Un nostro collega tempo fa, recensendo il tuo disco Münster Bern, scrisse queste parole: “Quel suono è un idioma a sé, tanto che te lo puoi mettere in un taschino e portarlo dietro per sempre, come una cucitura, quel suo stile che è tutto contorsioni e rilanci e ti si incolla addosso, alternando stati di angoscia e paura ad esplosioni brutali ma precise quanto una rasoiata.” Sono d’accordo con la sua interpretazione della tua musica. Ti ci rivedi in questa spiegazione?

Sì, è una descrizione ragionevole…

Suoni da molti anni ormai, e sei spesso in giro. Sei riuscito a farti un’idea del free-jazz italiano? Apprezzi qualche musicista in particolare?

Oltre ad alcuni vecchi colleghi conosciuti durante i primi anni della mia carriera, come Aldo Romano ed Enrico Rava, non conosco molto delle nuove generazioni, ho suonato con un gruppo di musicisti della zona di Noci (in provincia di Bari), mi è piaciuto davvero molto, e poi un’altra bella esperienza è stata suonare con XOL (trio del Canton Ticino composto da Guy Bettini, Francesco Miccolis e Luca Pissavini, ndr).

Cosa proporrete a JAZZ IS DEAD!? Magari una rivisitazione dell’ultimo album? O avete altre sorprese in riserbo per il pubblico torinese?

JAZZ IS DEAD… lo slogan del festival spunta qui e là da decenni, ma forse oggi ha un significato diverso, molto raramente nella storia del jazz ci sono state delle tendenze così reazionarie a livello musicale, con tutti questi giovani che escono dal Conservatorio, tutta questa sciocca musica estremamente noiosa…
La storia del jazz è una storia di uomini e donne con una forte personalità e temo che quando questi ultimi moriranno non ci sarà più niente dopo di loro.

Brötzmann e Leigh suoneranno anche vicino a Padova il 21 maggio.