NICK HÖPPNER, Work

Il curriculum di Nick Höppner è di tutto rispetto. Ha pubblicato una dozzina di ep in solo e quasi altrettanti con il progetto My My, inoltre è stato un’importante penna di Groove Magazine e ha lavorato per Morr Music. Il suo talento ha fatto sì che, nel 2001, diventasse uno dei nomi fissi del celebre evento OstGut. Quando nel 2004 il collettivo si è trasferito nell’attuale Berghain, il giovane amburghese si è offerto di gestire la nascitura etichetta legata al club: così nel 2005 è nata Ostgut Tonträger, presto rinominata Ostgut Ton, da lui gestita fino al 2012. Dopo le dimissioni, l’indefesso Höppner si è focalizzato sulla propria carriera artistica: in veste di resident del Panorama Bar propone dj set dalla durata eroica, in cui si muove con disinvoltura negli ambiti più disparati del 4/4. Quarantaduenne, motivato anche da alcune vicende personali pubblica nel 2015 il suo primo album, intitolato Folk, in cui condensa senza boria tutto il proprio amore per la club culture degli ultimi due decenni.

A distanza di due anni esce per Ostgut Ton Work, il suo secondo lp. All’house trascinante dell’esordio si affiancano episodi che si distaccano dal four-on-the-floor per sondare territori quasi downtempo, a mostrare forse una maggior fiducia nei propri mezzi.
“All By Themselves (My Belle)” apre l’album con un tappeto di sintetizzatori soffuso, accompagnato da una ritmica delicata che conferisce al brano un movimento caleidoscopico. “Hole Head” e l’ovattata “The Dark Segment” presentano qualche assonanza con l’operato di Ludovic Navarre, a testimonianza del maggior tempo che il producer oggi dedica all’ascolto di album jazz. Dall’altra parte “Clean Living” e “Fly Your Colours” hanno un che dei lavori di Madonna degli anni Novanta: pura manna per il dancefloor, che fa sudare con classe. “Three Is A Charm”, in cui il tedesco collabora per la prima volta nella sua carriera con musicisti acustici, è una chiosa malinconica dal sapore inaspettatamente pop, scandita dal cajon di David Baurmann dei Randweg.

In Work Nick Höppner riesce ad esprimersi in una forma musicale vicina all’eclettismo da sempre dimostrato durante i suoi celebri set e confeziona un album in cui la funzionalità va di pari passo con l’eleganza.