MAGGOT HEART, Hunger

Il secondo album dei Maggot Heart, berlinesi, è stato prodotto da Ben Greenberg (Uniform) e questo dice già molto sulla band, considerando che quest’ultimo è la figura dietro ai lavori di Metz o Algiers. Avrete già capito quindi su quale terreno si gioca la partita dei Maggot Heart: post-punk bello ruvido e oscuro, come detta la moda oggi, dagli Idles agli Iceage; in Germania, una band molto vicina ai Maggot Heart potrebbero essere gli Smile, anch’essi capitanati da una donna straniera. Linnéa Olsson, svedese, come Rubee True Fegan, preferisce aderire a quello stile declamatorio aggressivo che accomuna molti degli artisti di cui sopra, anziché adottarne uno canoro vero e proprio. La particolarità dei Maggot Heart è che comunque la band non si abbandona troppo a dissonanze e spigolosità, anzi, conserva in molte tracce delle melodie ben riconoscibili e a volte delle sventagliate chitarrose al limite del tamarro, che mi hanno ricordato gli Scorpions. Nel complesso, l’impressione è di trovarsi di fronte a un fuoco che non brucia.