Loke Rahbek (Croatian Amor, Damien Dubrovnik, Posh Isolation)

Per il finale di questa terza stagione de La Digestion i ragazzi dell’organizzazione hanno puntato dritto al cuore di Napoli, “impadronendosi” per due giorni della fortezza medievale del Maschio Angioino, una delle location più iconiche del capoluogo partenopeo, certificazione dell’importanza assunta dalla manifestazione all’interno del panorama culturale della città. L’edizione 2019 si è aperta a marzo con Tomoko Sauvage, l’artista giapponese residente a Parigi capace di trasformare, attraverso un processo estremamente affascinante, l’acqua in suono: lo stesso giorno il compositore David Moss, direttore dell’Institute For Living Voices di Berlino e collaboratore, fra gli altri, di Luciano Berio e John Zorn, ha diretto il coro Provokalia, formato da volontari che hanno partecipato al seminario tenutosi il giorno precedente al concerto. E sì, perché la Digestion prevede anche incontri teorici e formativi: in aprile il professor Carlo Serra, già ospite della manifestazione l’anno precedente, ha tenuto un seminario sul rapporto fra suono e mondo. Sempre in aprile la chiesa di San Potito è stata teatro delle gesta di Kassel Jaeger/François Bonnet, direttore dell’INA-GRM di Parigi, a cui sono stati affiancati altri due nomi noti dell’improvvisazione Made in France come Lionel Marchetti e Jerôme Noetinger.

A conclusione di tutto ciò La Digestion ha dato vita, insieme alle associazioni In Situ di Sokolowsko in Polonia e NK di Berlino, al progetto “Musica Sanae”, in cui artisti provenienti da tutto il mondo presentano nella cornice del Maschio Angioino un’opera sonora realizzata specificamente per l’occasione e dedicata al rapporto tra musica e medicina, arte e cura del sé. Tanti e di spessore i protagonisti di questa due giorni: Okkyung Lee, Felicia Atkinson, FIS, Anthony Pateras, Rudolf Eb.er, sono solo alcuni dei personaggi coinvolti. Noi abbiamo pensato di rivolgere alcune domande a Loke Rahbek, un nome che compare spesso fra le nostre righe, a Napoli in veste di Croatian Amor.

Sarai a breve a Napoli per Musica Sanae, l’evento di chiusura del festival “La Digestion”. Nel corso di questi anni Napoli è diventata ancora una volta un importante nodo culturale e musicale. E Copenaghen? I giornalisti cercano sempre una nuova Londra o una nuova Berlino, e Copenaghen è un nome ricorrente…

Loke Rahbek: Amo Copenaghen, è casa mia. Non è la nuova Berlino né la nuova Londra, è Copenaghen e questo per me è di gran lunga preferibile. C’è un sacco di buona musica da noi, molta bella gente e un sacco di acqua.

“La Digestion” è organizzato da persone che rispettiamo molto. Detto questo, non c’è bisogno di conoscerle per realizzare che stanno portando una line-up impressionante a Napoli: Atkinson, Pateras, Eber, Lee, FIS, Von Hausswolff… Ascolti qualcuno di questi artisti? Hai mai pensato di collaborare con uno di loro?

Felicia Atkinson è stata così gentile da remixare il mio album Love Means Taking Action.

Techno, “club music decostruita”, industrial/noise: Posh Isolation sembra evitare i cliché e indebolire i confini tra alcuni generi musicali. C’è un fil rouge, un leitmotif dietro al catalogo di Posh Isolation?

Non sono mai stato troppo interessato ai generi e agli elenchi infiniti di sottocategorie. Pubblichiamo musica che ci piace realizzata da persone che ci piacciono, questo è il filo conduttore. Il sound è cresciuto in modo organico assieme alla comunità dalla quale proviene.

Hai molti progetti, hai collaborato con molti artisti e anche suonato per un po’ nei Lust For Youth. Sì, sto cercando di nuovo di trovare un filo conduttore, se c’è: che musica ascoltavi da piccolo?

Come oggi, tanti tipi di musica. Sono cresciuto con la collezione di dischi di mio padre: Kraftwerk, New Order, Eno, David Bowie, Massive Attack. Questi alcuni dei nomi che ricordo.

Ho ascoltato e recensito Isa di Croatian Amor. L’ho trovato allo stesso tempo sofisticato e facile da ascoltare, oltre che malinconico e introspettivo. Molte persone lo considerano un disco pop, ma in senso buono. Useresti la parola pop per il tuo album?

Certo. Di nuovo, non ho un’opinione forte su come la gente debba definirlo. Ma penso che potrebbe essere un disco pop. Chiamiamolo così.