LAURA LORIGA, Vever

La vita di un album musicale è costellata di momenti diversi, alcune volte anche inutili, tutti però condizionati dall’aspetto biografico del racconto in essi sviluppato. Poco spesso ci chiediamo quanto un disco possa aver fatto soffrire o gioire chi l’ha ideato, scritto, composto, arrangiato e prodotto, quante storie dentro quella storia si possano creare parallelamente, diventando ispirazione per raccontarne altre ancora, in una concatenazione ad effetto domino. Ogni disco è anche e soprattutto una dedica: a se stessi, a chi ascolta o speriamo lo faccia, anche nel futuro, perché tutti gli artisti, anche chi non lo ammette esplicitamente, sperano che la propria opera possa sopravvivere al tempo e alle epoche.

Vever è il primo disco solista di Laura Loriga (Mimes Of Wine) e una parola haitiana per descrivere un momento di celebrazione dei propri antenati, uno scambio tra vivi e divinità attraverso dei disegni simmetrici realizzati durante questi rituali. Da questo concetto parte tutto il costrutto di un album che è un diario scritto tra il 2018 e il 2019 a Brooklyn, ispirato dalle centinaia di vite che Laura ha vissuto attraverso gli altri, i concerti, i libri, la cultura e la socialità ma anche da ciò che è lei grazie alle donne della sua famiglia, del presente e del passato (“Passes The Flame”), alla città che l’ha ospitata (“Citizens”) o a chi le è stato involontariamente prezioso nel pensare questo lavoro (“Black Rose”). Il senso di gratitudine per tutto ciò che Laura è riuscita a vivere in questo tempo definito è circoscritto nello spazio di un disco dalle forti connotazioni classiche, sia nell’utilizzo di strumenti definibili tali (Organi, Viola, Nyckelharpa, per dare qualche esempio) che nelle varie declinazioni melodiche costruite di brano in brano e caratterizzate però da un forte impatto ritmico: l’apertura con “Mimi” in bilico sull’afrobeat, la marcetta del singolo “Door Ajar”, il Folk di “You Who Speaks” o addirittura gli echi di bossanova in “Passes The Flame”. Ciò che si ascolta in Vever è suggestivo e astratto, niente è definito e tutto si mescola come in un sogno: il canto sottile e profondo di Laura ne è l’eco costante, che colora gli spazi lasciati vuoti dagli strumenti dei musicisti (tanti, tutti straordinari) e dal lavoro di Misja Van Den Burg, che – come impone oggi gran parte della discografia internazionale – sottrae invece di stratificare, riempiendo così più di quanto possa fare una pura somma di elementi.

Vever è un disco completo e fortemente emotivo, caldo ed accogliente, pieno di vite tutte raccolte e dedicate a noi che abbiamo la possibilità di ascoltarle impiegando il nostro tempo, le nostre parole, i nostri pensieri per Laura, in uno scambio continuo con lei, la nostrana Joan As Police Woman.