JOHN CHANTLER

Marc Masters (Wire, Pitchfork), a proposito di Which Way To Leave, parla di “palpable sense of endless ideas and energetic urgency”. Rob Young (uno dei capi di Wire), così descriveva il meno recente The Luminous Ground: “Hearing this music for the first time has a similar impact to the first exposure to Oval’s Systemisch from 1994, or the early Sähkö recordings like Ø’s Metri, in that it has a beauty partly derived from having travelled beyond the reach of human influence”. L’australiano John Chantler (foto di Dawid Laskow), stretto collaboratore di Lawrence English ora di stanza in Svezia dopo un periodo a Londra, sarà in Italia per tre date:

26 ottobre – Loco’s bar, Rovereto (TN)
John Chantler + Gianluca Favaron
a cura di Kohlhaas in collaborazione con Plunge

28 ottobre – Masada, Milano
John Chantler + Favaron / Vitolo
curato e prodotto da Plunge in collaborazione con Masada

29 ottobre – DalVerme, Roma
in collaborazione con Plunge

Ne abbiamo approfittato per fare quattro chiacchiere con lui e per sostenere gli sforzi di Plunge, che fa sempre meglio.

Grazie per aver concesso quest’intervista. Molti di noi vivono le loro vite usando un laptop e uno smartphone tutto il giorno, ogni giorno. Nel corso degli anni il laptop è diventato anche uno strumento musicale. Però in questo nuovo secolo la gente ha ricominciato a sognare cavi. C’è anche un documentario intitolato “I dream of wires“. Parlano di Moog e Buchla e di tutti i musicisti che usano i synth oggi. Perché usi i synth?

John Chantler: Quando ho cominciato ad appassionarmi ai synth modulari avevo un lavoro diurno che implicava un sacco di tempo davanti allo schermo e l’ultima cosa che volevo fare alla fine di una lunga giornata era stare ancora di fronte a un monitor. Avevo passato un po’ di ore sul sistema Doepfer di Lawrence English e mi ero divertito molto, così ho cominciato a fare un po’ di ricerche e ho lentamente iniziato… comprando un modulo alla volta. Mi piace la manualità del lavoro coi synth e mi piace il fatto che sia una questione più di ascolto che di guardare cose che si muovono su uno schermo, anche se alla fine lo faccio nella fase di editing.

C’è anche un paradosso. Tanti recensori hanno scritto che il tuo ultimo album ricorda loro le atmosfere di Endless Summer di Fennesz (penso per le parti melodiche e per tutti i livelli di suono…). Fennesz è uno dei musicisti più famosi tra quelli che si basano sul laptop. Questa battaglia tra analogico e digitale deve finire? O no?

Per me non c’è guerra. Siamo fortunati a poter accedere a strumenti fantastici e di qualità, divertenti da usare sia nel regno analogico, sia in quello digitale. È una divisione artificiale e scivolosa, a essere gentili. La conversione AD/DA è grandiosa oggidì, quindi non c’è molto da faticare per spostarsi tra analogico e digitale e molti dei “synth analogici” più popolari di adesso funzionano con un processore digitale. È una guerra che ha davvero poco a che vedere con la musica.

Nel caso di “Which Way To Leave” e “Even Clean Hands Damage The Work” hai registrato materiale presso l’EMS. Molti musicisti elettronici hanno studiato e lavorato lì. Ne ho intervistati alcuni nel corso degli anni (di recente Kyoka e Caterina Barbieri). Che ci puoi raccontare della tua esperienza lì? E del loro sintetizzatore Buchla?

L’EMS è incredibile. Tutti quelli che lavorano lì sono adorabili e l’impostazione è una specie di utopia, comunismo del lusso al suo culmine. Ha un impatto molto superiore rispetto al budget modesto che ha per lavorare. Stoccolma non sarebbe la stessa cosa senza l’EMS. L’ho visitato all’inizio come compositore-ospite internazionale nel 2012, ed è in quel momento che ho registrato una grossa parte di Even Clean Hands Damage The Work e ho praticamente conservato la chiave del posto sin da allora, tornandoci quand’ero in Svezia per le vacanze con la famiglia. Adesso (Chantler adesso vive in Svezia, ricordiamo, ndr) ci vado lì di tanto in tanto, ma è molto richiesto e utilizzato, il che è comunqe grandioso… Lavoro molto a casa, ma quando sento il bisogno di un cambio di scenario mi offre grandi opportunità di concentrazione e amo gli strumenti di monitoraggio lì, quindi mi assicuro di avere un po’ di tempo per controllare i mix e le cose anche lì.
Sono secoli che non mi metto sul Buchla principale, dato che sono molto ossessionato dal Serge dello Studio 6, anche se di recente ho fatto una sessione con il più piccolo Fylkingen Buchla 200 system, di recente “rimesso in servizio” (è nello Studio 3 da quest’estate). Un gran pezzo di strumentazione e una bomba da suonare. Il numero limitato di opzioni ti aiuta a pensare di ottenere certe cose in un modo diverso rispetto alla espansività dei sistemi più grandi.

La Svezia ha tutto, si va dai Marduk agli Abba. E ha pure una scena sperimentale forte. È tutto finanziato dal loro welfare, se non erro. Ne ho parlato con Joachim Nordwall: lui gestiva il Fylkingen per un periodo. Io so che lì tu ci organizzi un festival. Come sono i tuoi rapporti coi musicisti svedesi?

C’è ancora la possibilità qui che ti diano soldi per fare cose. Vale la pena aggiungere però che – come ovunque – la roba buona è ancora molto dipendente dal lavoro gratuito o sottopagato delle persone che operano affinché le cose succedano e questo come logico include musicisti che performano per molto meno, ma sono molto più ottimista qui rispetto a quando stavo in Inghilterra.
Ci sono alcuni musicisti molto buoni qui in Svezia e molti hanno caldeggiato convinti il mio trasferimento nel loro Paese, che ha reso tutto più facile. Vorrei conoscere meglio certa musica che si fa qui, per il momento mi piace il contrabbassista Ville Bromander e anche Maria Horn e Mats Erlandsson per quanto riguarda il lato elettronico delle cose.

Il festival che organizzi si chiama “Edition”, è legato a musica improvvisata e “altra”. Qual è il ruolo dell’improvvisazione nella tua musica? Hai collaborato con la violoncellista Okkyung Lee. Lei è un’improvvisatrice ed è anche piuttosto irriconoscibile nelle tue tracce…

È difficile che mi entusiasmi suonare due volte la stessa cosa. Ci sono parti che mi piace preparare, ma il modo in cui uso i synth è davvero molto aperto e in generale la struttura dei miei concerti da solo è qualcosa che io determino in corso d’opera. Tra l’altro sto cominciando a suonare di più con altra gente (ho un tour in novembre col sassofonista danese Johs Lunds, ad esempio) e si tratta di situazioni improvvisate.
Okkyung è grandiosa. Mi piace uscire con lei e la sua musica è potente. L’ho registrata che suonava bozze di un pezzo in cuffia e ho finito per usare alcune di queste parti fatte da lei, anche caricandole un po’ nel sintetizzatore, così sarebbero state più dentro nel mix. È solo una traccia, ma – quando la noti – io penso che sia impossibile sbagliare: è Okkyung.

Due musicisti elettronici di talento come Anacleto Vitolo e Gianluca Favaron apriranno il tuo concerto milanese. I curatori hanno voluto dare una chance all’underground italiano per condividere il palco con artisti riconosciuti internazionalmente. Conosci o apprezzi alcuni musicisti elettronici italiani? Oggi abbiamo scoperto che Lorenzo Senni ha firmato per Warp Records…

Complimenti a Lorenzo. Penso che sarà grandioso per lui. Non conosco la musica di Anacleto e Gianluca, ma sarà bello avere la possibilità di vederli suonare e penso che questo tipo di scambi siano importanti. Conosco qualcuno della scena milanese grazie alle mie visite passate o all’arrivo di qualcuno di loro a Londra: Ielasi, Ratti, Faravelli… Sono un grande ammiratore di quello che fanno e mi piacciono anche molto come persone. Mi piace molto anche l’Italia, quindi mi sforzo di tornarci più spesso che posso.

Che ci dici del tuo live set? Che tipo di visuals ci dobbiamo aspettare? Grazie ancora.

Suonerò due piccoli sintetizzatori accanto a un po’ di materiale per la “diffusione”. Niente di visivo se non la mia presenza fisica che spero di minimizzare in qualche modo! Non ho mai esplorato il mondo delle visuals e preferisco davvero che l’obiettivo sia puntato sul suono. Spero che ci siano già abbastanza informazioni da elaborare che appartengano al regno del sonoro, senza dunque bisogno di nutrire nello stesso momento anche gli occhi.
Grazie per le domande, spero di vederci a uno dei concerti.