HECKER, Synopsis Seriation

Approcciare 141 minuti di ermetismo artificiale non è per niente facile. Questo potrebbe essere il primo, condivisibile, pensiero che affiora quando si pensa a Synopsis Seriation di Florian Hecker, ultimo mastodontico lavoro, edito dalla solita Editions Mego, dell’artista tedesco, che ormai da anni scava nello spazio liminale fra uomo e macchina. Le riflessioni sul rapporto fra antropico e artificiale accompagnano più o meno tutte le recenti produzioni del musicista: si può fissare un punto chiave cronologico nel rapporto con Reza Negarestani, filosofo esoterico (per usare un eufemismo) iraniano, vicino alle correnti del CCRU e promotore di un certo pensiero occulto e distopico, fortemente influenzato dalla cultura mediorientale dalla quale proviene. La collaborazione fra i due ha dato origine ad un interessante lavoro/performance, Chimerization (eMEGO 153, 2012): il contributo di Negarestani, ossia un testo dal titolo “The Snake, the Goat and the Ladder (A board game for playing chimera)”, viene letto in tre diverse lingue da una decina di voci e le registrazioni vengono quindi deteriorate e distorte dal profondo lavoro acustico di Hecker, creando, per l’appunto, delle chimere, oggetti sonori formati dall’unione (ma non fusione), di elementi per loro natura completamente diversi. Lo scopo finale sarebbe quello di stimolare un ascolto attivo che tenti la sintesi fra le parti e raggiunga lo spazio “incomprensibile” fra comunicazione, lingua e suono. Non solo: in A Script For Machine Synthesis (eMEGO 226, 2017) e nel precedente Articulação Sintetico (eMEGO 180, 2014), il lavoro di chimerizzazione è estremizzato, quasi grottesco, deformando a tal punto la voce umana da renderla irriconoscibile e facendo emergere oscure relazioni uomo-macchina e macchina-macchina.

Parallelamente allo sviluppo della riflessione filosofica, Hecker, che su sound design e computer music ha costruito l’intera carriera, anche a livelli accademici, ha progressivamente definito delle tecniche di sintesi e manipolazione di elevato livello, in grado di – grazie a processi di automazione e machine learning – generare materiale acustico ed elaborarlo in maniera autonoma.

In queste due ore e venti non c’è traccia della voce umana, ma non siamo nemmeno al cospetto di un soliloquio incomprensibile generato dalla mente dell’algoritmo. Qui è il punto cruciale di tutta la discussione estetica sulla “musica” prodotta da macchine: la sonificazione di dati grezzi, processo in grado di evocare la letterale trasposizione acustica di, per esempio, un’immagine jpeg, non produce le stesse sensazioni psico-acustiche che troviamo in Synopsis Seriation. Leggendo la descrizione che l’etichetta fa del disco sembrerebbe che tutto, dai glitch stereofonici, al brutalismo harsh-noise passando per le pseudo-melodie e gli onnipresenti drone, sia stato generato spontaneamente da una serie di codici e stringhe di calcolo. Se così fosse, sarebbe al contempo affascinante e terribile. È però difficile crederlo, considerando che l’interpretazione umana di certi aspetti “formali” del suono, come la stereofonia, la dinamica del brano, il timbro ecc… derivano dalla scelta dell’artista e che quindi da qualche parte, in una qualche proporzione seppur minima, lo zampino di Hecker è presente. A prescindere da questo, però, il lavoro è sorprendente anche per il fatto che l’aspettativa di essere ascoltatori passivi di un qualche dialogo ermetico (e solamente per questo affascinante) fra macchine, viene puntualmente disattesa. Emerge invece un’estetica intellegibile, decodificabile anche se con un approccio attivo, e questo pone importanti interrogativi sul rapporto uomo-macchina e sul ruolo dell’artista in questo processo ormai quasi del tutto automatizzato. Se un complesso ecosistema di calcolo, una volta sapientemente diretto, è in grado di produrre qualcosa di comprensibile, forse dovremmo interrogarci sui criteri estetici e psico-acustici con i quali navighiamo il mondo sonoro non solo artificiale ma anche “reale”. Una riflessione che sicuramente Hecker sta sviluppando con molta profondità e competenza.

In sintesi un disco denso e, in apparenza, di difficile approccio. Di sicuro non scontato, da ascoltare nella sua interezza e con orecchio attento ai dettagli. Per i più curiosi il tutto è accompagnato da un booklet nel quale vengono esposte le rappresentazioni grafiche dell’analisi e manipolazione del suono nel corso del lungo brano che compone il lavoro: non proprio di agile lettura ma in qualche modo di “riferimento” lungo il percorso.