GRAND COLLAPSE, Empty Plinths

Nel maggio 2020 la protesta di Black Lives Matter a Bristol ha portato i manifestanti a rimuovere la statua di Edward Colston, mercante di schiavi del XVII secolo, dal suo plinto nel centro della città e a gettarla nel porto… Abbiamo chiamato l’album Empty Plinths sulla scia di quel giorno, con il desiderio di poter vivere un paesaggio urbano senza questi monumenti di personaggi non degni di essere celebrati.

Così i Grand Collapse introducono il loro nuovo album e il suo titolo, un nome evocativo che fa venire alla mente un’altra formazione inglese, quella dei Redskins con la loro “Kick Over The Statues”. Decenni differenti e suoni molto diversi ma ad accomunare entrambi i gruppi possiamo individuare un particolare ben preciso: il muoversi in una società che tende a destra e utilizza la restaurazione di valori conservatori come risposta alla crisi economica imperante. Per questo ci piace pensare alla band di Bristol come l’erede (almeno a livello ideologico) di quella pulsione a liberarsi delle statue come immobile e immutabile vessillo di una società in crisi, un pachiderma che tenta di resistere ai cambiamenti e vuole riportare indietro le lancette del tempo. Per dar voce alla loro pulsione, gli autori di Empty Plinths però utilizzano un linguaggio decisamente più violento dei loro precursori, perché affondano a piene mani in un hardcore anthemico e potente, con strizzate d’occhio al thrash e in generale una deriva metal nei suoni e nelle atmosfere. Restano comunque saldamente ancorati all’hardcore per quanto riguarda la scrittura e la costruzione di brani con la giusta botta e cori da cantare insieme al pubblico, nessuna tamarrata o eccessiva dimostrazione di forza, piuttosto una robusta corazza a rendere ancora più efficace l’affondo perché le undici pallottole penetrino nel bersaglio. Per questo, la fedeltà dei Grand Collapse alla scena di appartenenza e gli espliciti richiami alle gesta di chi li ha preceduti non rappresentano un punto di arrivo ma un trampolino da cui prendono lo slancio per creare pezzi ricchi di sfumature e dotati della giusta personalità per non annoiare. A dirla in soldoni e non menare il can per l’aia, la botta c’è, l’energia è quella giusta, le motivazioni e i concetti da veicolare non mancano, nel finale si intravedono persino buone possibilità di osare oltre e di ampliare ulteriormente il proprio raggio di azione, non si capisce il motivo per cui non dovremmo fare il tifo per loro e consigliarveli. Promossi.