FABIO ORSI

FABIO ORSI

La scusa per contattare Fabio Orsi nasce dal decennale di Boring Machines (che si celebra al Dal Verme a fine mese), al quale lui stesso parteciperà. Chiaramente ci concentriamo sull’uscita del box, cassetta più foto, Postcards From Russia. Era da tempo, però, che meditavo di fare qualche domanda al musicista di stanza in Germania. Anche Orsi può vantare una carriera decennale, fitta di uscite e collaborazioni prestigiose, dunque quella per Boring Machines è solo l’ultima di una serie, infatti sta per arrivare a stretto giro di posta un’altra pubblicazione simile. A voi le sue parole.

So che la tua passione per la fotografia parte da lontano, e sei spesso in giro per l’Europa, quindi immagino che l’essere giunto a una pubblicazione di questo tipo possa certamente definirsi un traguardo importante. Sei soddisfatto del risultato finale? Com’è nata questa volta l’idea? Ti ha contattato Onga?

Fabio Orsi: Con Andrea siamo in contatto da diversi anni, oramai. Dopo la pubblicazione di Wo Ist Behle? siamo diventati ottimi amici, e le sue costanti visite berlinesi hanno facilitato la realizzazione del progetto finale.
Durante i miei quattro tour in Russia avevo accumulato un numero considerevole di scatti. Avevo in mente di lavorare a un progetto fotografico che in qualche modo ricostruisse in maniera esaustiva la mia esperienza all’Est. Quale idea migliore se non quella di proseguire la serie “Postcards From…” inaugurata da Adriano Zanni su Boring Machines? La scelta del materiale fotografico è stata difficile. Ho dovuto selezionare un numero di scatti limitato, avevo in archivio più di seicento foto. Il lavoro sulla parte audio è venuto di conseguenza. Ho utilizzato parte dei loop suonati in Russia e li ho montati in due side, due lunghe pièce che si aprono e si chiudono con due field recordings, suoni che fanno da appunto a un corollario di sensazioni, immagini, colori e vodka.

Accostare la musica alla fotografia è operazione che svolgi da tempo (ad esempio in Memory Of A Safe Place e Postcards From Avellino). Come credi di avere approcciato (e aggirato in un certo senso) questa volta l’idea, senza sembrare il solito artista che fa due più due, e pensa così di poter esporre i suoi scatti unendoli alla propria musica e basta?

La fotografia e la registrazione sonora condividono entrambe l’idea di memoria; e la memoria altro non è che un ricordo soggettivo di un evento particolare che abbiamo vissuto. La possibilità di congelare per sempre un attimo della nostra vita fa parte del mondo fotografico quanto di quello fonografico. Anche le metodologie di lettura sono simili: individuare in un’immagine gli elementi in primo piano, valutarne gli sfondi, trovare le proporzioni tra gli elementi della composizione è esattamente quello che accade con l’ascolto di una registrazione ambientale. Il suono di un ambiente contiene dentro di sé, proprio come un’immagine, parti a fuoco e parti fuori fuoco, elementi leggibili e altri da decifrare. Posso dire che il suono ambientale è una proporzione bilanciata di frequenze che determina una precisa e puntuale inquadratura.

Immagino che tu ti avvalga di studi professionali per sviluppare le fotografie. Di chi ti sei servito per quelle di Postcards From Russia, e quali macchine usi?

Da anni uso una Leica e tre ottiche, 28, 35 e 50 mm. Solo ottiche fisse. Il mio zoom sono i miei piedi.

Conosci il lavoro di Raffaela Mariniello? Anni fa vidi una sua splendida foto di uno scorcio di Napoli di notte (parte della serie “Napoli veduta immaginaria”) nella sede veneziana della Fondazione Prada a Palazzo Corner. Rivedendola trovo che il tuo sguardo non sia molto distante dal suo, alludo chiaramente ai suoi scatti che hanno come soggetto sempre la città partenopea. Più in generale, hai dei fotografi di riferimento?

Conosco Mariniello e credo che il suo lavoro su Napoli sia immenso. Non è affatto facile fotografare una realtà del genere. Nonostante gli stimoli visivi siano tantissimi, si rischia facilmente di scadere nel cliché, nel già visto. In questi casi, più che in altri, sviluppare un proprio lavoro di ricerca, sviluppare un metodo è molto importante.

Una foto di Postcards from Russia © Fabio Orsi

Cosa pensi che possa aggiungere questo tipo di uscite al tuo percorso musicale?

Ci sono parecchi lavori che testimoniano la mia ossessione per entrambi i media e la loro relazione indissolubile. Per esempio il lavoro della serie 13 (edizioni musicali che sposano le registrazioni ad alcune immagini d’autore) uscito per Silentes, oppure alcuni lavori su Ricerca Sonora come Wannsee o Burn Brucia Burn; questi sono lavori che partono da un luogo fisico e ben preciso, e che diventano espressione di me, di quello che sono e sento in quel momento.

Difficile quantificare, e mettere ordine, nella tua discografia; sono numerose le pubblicazioni, cosi come le collaborazioni, anche estere, dai My Cat Is An Alien a Valerio Cosi, Vanessa Rossetto, Claudio Rocchetti, i Mamuthones e Gianluca Becuzzi, non le cito tutte… Ce ne sono alcune alle quali sei più legato?

Ognuna di questa ha una sua vita, dal momento che collaboro quasi esclusivamente con persone che stimo e che conosco personalmente. Non mi sono mai piaciute le collaborazioni a tavolino, mi piace entrare nel modus operandi degli altri e far entrare gli altri nel mio, profondamente e visceralmente.

Raccontami della scelta di vivere all’estero, e del perché ritorni spesso dalle tue parti, anche più volte all’anno. Parlami anche dello speciale rapporto (che definirei quasi magico) che hai con Napoli, e la Puglia chiaramente.

A Napoli ci sono nato, tutta la mia famiglia è di lì. Adoro tornarci spesso, passeggiare sul lungomare, mangiare taralli strutto e pepe e chiacchierare con la gente. Napoli è una città speciale, potrà sembrare strano ma a me rilassa molto, nonostante la sua vitalità a volte fin troppo frenetica e anarchica. Nel caos si annidano a volte le cose migliori; ecco, per me Napoli è esattamente questo, un caos anarchico inebriante. Alla Puglia sono legato perché lì ho passato la mia adolescenza. Scuole, amici, primi passi nel mondo della musica e di conseguenza i primi lavori, tra tutti Osci, dedicato alla mia terra. Ho ancora legami forti con Taranto e provincia (anche qui ci torno spesso), parte della mia famiglia vive in un piccolo paesino di seimila anime. Adoro la vita di paese, immutata da sempre, una certezza.

Mi dici se hai altri interessi oltre alla musica ed alla fotografia?

Mi piace molto il cinema horror. Tutto. Quello d’annata buona di matrice italiana, fino ad arrivare agli horror di genere di matrice statunitense. Adoro i film di genere, soprattutto se sono concepiti in modo creativo. Sfruttare un canovaccio per portare l’osservatore altrove. Un nome su tutti, e abbastanza famoso: Eli Roth.

So bene che la questione è quasi scontata, ma come vedi la situazione odierna del nostro underground? E soprattutto, come la si percepisce da lontano?

Il nostro underground è vivissimo, lo è sempre stato e lo sarà sempre, a mio avviso. L’Italia sforna ogni anno progetti validissimi, che non hanno nulla da invidiare al resto dell’Europa. Sto in Germania oramai da una vita, e posso assicurarti che le cose più interessanti che girano sono molto spesso italiane. Siamo in ottima forma, ci mancano solo dei buoni personal trainer.

Le prossime mosse? Se non ho capito male arriverà presto un altro libro fotografico per la Backwards…

Sì, la prossima mossa è un libro fotografico edito dalla Backwards. Uscirà in due edizioni, la prima in box con un picture-disc lp, il libro ed altre sorprese, la seconda invece sarà il solo libro. Ci tengo molto a questa release perché sarà la prima vera pubblicazione fotografica. Cercherò di promuovere il libro in Italia questa primavera. Sono molto soddisfatto del lavoro finale, spero piaccia anche al pubblico. Fingers crossed…

Un’ultima curiosità: quelle voci divertite che parlano, se ho inteso bene, di russi e di morte alla fine della seconda traccia di Postcards…, da dove provengono esattamente?

Stazione di Voronezh, secondo tour russo. Poco prima che il treno partisse per quello che sarebbe stato un interminabile viaggio, che mi avrebbe portato a San Pietroburgo (36 ore di durata). Qualche drink con gli amici promoter in un lussuosissimo salone affrescato che faceva da bar. Litri di vodka e vecchi rancori. Ricorderò per sempre quella serata…