ESINAM & SIBUSILE XABA, 26/03/2024

Losanna, Jumeaux Jazz Club.

Ecco un duo da tenere sotto controllo in futuro, se gli spunti intravisti nel loro live avranno modo di germogliare e crescere al riparo dalle forse inevitabili tentazioni commerciali. Nei prossimi mesi sono impegnati in un tour europeo non troppo esteso (no, nessuna data in Italia è prevista al momento), intenti a mettere a fuoco la scaletta di quello che sarà il loro disco di debutto, che i bene informati dicono uscirà all’incirca tra un anno per la W.E.R.F., storica etichetta belga dall’ampio catalogo. Al momento di loro è possibile ascoltare, in digitale, il solo “Africa Wola”, brano che non hanno mancato di presentare sul palco dello Jumeaux Jazz Club. In traduzione wola equivale a un “che succede”, da intendersi quale di forma di saluto, e contribuisce a rendere incantatoria l’espressione del titolo, nel testo ripetuta all’infinito in forma di mantra. Con la sua struttura innodica pare un appello, un richiamo forte agli africani tutti, quelli rimasti e quelli emigrati, un incoraggiamento a celebrare e mantenere in vita le culture dei rispettivi paesi.

Esinam Dogbatse (il suo alias artistico è ESINAM, rigorosamente in maiuscolo) vanta origini insieme belghe e ghanesi, mentre Sibusile Xaba è nato in Sudafrica, nella regione del Kwazulu Natal. Le loro musiche si caratterizzano, almeno da quello che abbiamo potuto ascoltare in anteprima, per un upbeat piuttosto marcato e per la tendenza a volgere le tracce in stile anthemico. Entrambi multistrumentisti e vocalist, si dilettano a intrecciare ritmi e poliritmi, stirando e allungando i temi il più possibile per giungere a uno stato prossimo alla trance, ma non tralasciano l’importanza dell’aspetto melodico. È un effetto non esattamente coincidente con l’album solista che ESINAM ha dato alle stampe nel 2021, Shapes In Twilights Of Infinity, lavoro assai interlocutorio, più tagliato su una forma-canzone usuale, meno visionario e incamminato verso plurime direzioni senza che si capisca in modo netto quale possa essere la meta da raggiungere. Sulla scena lei è indubbiamente disinvolta nel passare dal flauto, il suo strumento di riferimento, al talking drum, da un semplice tamburello a un pad a percussione. È a sua cura anche la parte di elettronica, invero non troppo elaborata e costituita da basi di linee di basso, ulteriori suoni percussivi, sampler giudiziosi e loop generati talvolta sul momento, come quando mette le mani su una mbira per iterarne i deliziosi sfrigolii metallici.

Il suo compagno Sibulise, seppure meno pirotecnico, ancora e irrobustisce il sound d’insieme grazie a un sottile lavoro chitarristico fondato su pattern ritmici che nulla hanno da spartire con le ovvietà del rock ed evidenziano semmai l’influenza ereditata dal maskandi, forma folklorica Zulu storicamente associata ai lavoratori migranti (insomma, un parente alla lontana del blues, per capirci). Lui si fa notare anche per il canto assai particolare, sorta di falsetto aspro e ruvido che trasporta concrete liriche e vocalizzi astratti in un’accentuata dimensione ancestrale. Purtroppo non premiato da una presenza di pubblico adeguata, lo show del duo ha detto che c’è ancora da lavorare sui particolari, ci sono esitazioni da cancellare e momenti dove non si prende il volo da oliare, ma che nell’insieme le prospettive per una musica dai groove coinvolgenti ci sono tutte e serve solo un po’ di pazienza e sudore per farle fruttare.