DELREI, Desolation And Radiation

Gringo! Tranquilo, Delrei para la musica. Quest’estate Alessandro Mercanzin si è mosso come un serpente nelle terre desolate per un disco di undici brani che del Western hanno le tremolanti visioni date dall’incrocio del caldo con l’orizzonte. In giro da diversi anni, ha bazzicato le sponde di sound marci e atmosferici, soprattutto con i Mudlarks e gli Universal Sex Arena. Qui è elegante, ficcante, drammatico e nella sua epica adotta mosse e incedere che ben conosciamo e che molti compositori hanno utilizzato prima di lui. Tutto, a pensarci, giocherebbe contro l’ennesimo cowboy solitario… però, però, però Delrei è proprio quello da non sottovalutare, l’outsider che sa quanta energia e quanta enfasi riporre tra un twang di chitarra, un crotalo, un sonaglio e una tromba. Riesce quindi a imbastire un percorso che poco ha da invidiare ai maestri. Il disco gira che è una bellezza, quando il suono si dilata come in “Ensenada” il panorama si apre su accenti e timbri chiaroscurali, che sembrano massicci e potenti nel carattere più che nella forma, aerea ed avvolgente. Quando poi arriva il blues di “Get Lost” sembra venga dall’aldilà, fra fumi e nebbia, sibili tetri e brividi sulla schiena. Com’era quella storia del diavolo all’incrocio? 11 brani perfettamente rifiniti e calati come una scala reale che hanno trovato casa a Portland, da Projekt Records. Che dire quindi di questa prima sotto nuova veste? Desculpe para el retraso Delrei, encantado.