BOTH PEOPLE, S/t

BOTH PEOPLE, S/t

Achab tenta di arpionare la Balena; oppure un barrito pachidermico, minaccioso e monumentale. Evoca scenari epici e dimensioni fuori cornice l’incipit de “La Danza Dell’Elefante”, con i tre sassofoni ad aprire il sipario su un mondo noto (l’ambito di riferimento è quello del free storico, della musica creativa nera, della fire music) che sa però ugualmente brillare grazie al cuore e all’energia messi a piene mani in queste sette composizioni. Frutto di un incontro tra due regioni fertili dal punto di vista musicale, Puglia (Fabio Delvò al sax alto) e Sardegna (il resto della formazione), Both People, lavoro d’esordio per questo quintetto, è una sorta di statement che vuole celebrare i fasti di una stagione, quella della great black music, dei dischi di Archie Shepp su Impulse!, mostrando come quel tipo di attitudine e di sonorità abbia ancora cose da dire, se vissuta con passione e non come mera operazione calligrafica. Sappiamo che il legame di Andrea Morelli (sax tenore e soprano) con l’Africa è forte e sincero (ha passato l’adolescenza ad Asmara) e abbiamo già avuto modo di ascoltarne i frutti nel buon disco del duo Black Lands dell’anno scorso. Si respira anche qui un vivido sentimento d’urgenza, tra improvvisazioni dondolanti e felicemente enigmatiche (“Playing Is A Little Bit Like Fishing), temi cantabili, grondanti convincente classicità black (“Spring Time”) e figure ossute e sghembe (“Host Ones”). Molto buono il dialogo tra i tre strumentisti della nutrita sezione fiati (oltre a Morelli e Delvò abbiamo Francesco Sangiovanni al sax baritono), con frangenti di pura euforia che possono ricordare i momenti più swing dei Rova Saxophone Quartet. Tra capriole ritmiche, groove lievi e potenti (Massimo Spano al basso elettrico e Alessandro Garau alla batteria), orchestrazioni intelligenti e ficcanti, una buona capacità di dosare timbriche e dinamiche, il disco scorre in modo del tutto naturale mostrando cinque interpreti in perfetto controllo della materia. E con testa ed occhi rivolti al dramma del nostro tempo, quello dei migranti, rispetto al quale questo lavoro ambisce, con successo, a porsi come raccolta di contemporanee protest songs o di inni blues portati da un vento d’Africa, come nel caso dell’ultima traccia, “Amazing (Sahel’s Crossing)”.

Un cd rivolto agli ascoltatori che cercano stimoli e non certezze, recita la cartella stampa. D’altro canto, come dicevano già nel 1973 i Perigeo, abbiamo tutti un blues da piangere. Un disco politico nel miglior senso del termine; un invito a non chiudere gli occhi e a non consegnarsi al cinismo, ricordando quanto diceva Ernesto Guevara.