Affondo su “Suoni a margine – la territorialità delle politiche nella pratica dell’ascolto” (Meltemi Linee) di Nicola Di Croce

Il percorso del compositore e architetto lucano con base a Venezia si sostanzia tutto, o quasi, in quest’importante pubblicazione; scopro che la Meltemi non è nuova a un certo tipo di libri, lo scorso anno ad esempio è uscito “Nuove Geografie del Suono – Spazi e territori nell’epoca postdigitale” di Leandro Pisano, ormai firma storica di Blow Up.

“Suoni a margine” è un compendio delle numerose esperienze sonore, sociali e di studio che Di Croce ha effettuato negli anni viaggiando in lungo e in largo per l’Europa (Lituania, Francia, Irlanda del Nord), senza mai però dimenticare le proprie origini (oltre alla Basilicata e al Veneto, vanno annoverate esperienze in Friuli-Venezia Giulia, Trentino, Sicilia, Campania e Calabria), che restano una base dalla quale trarre linfa ispiratrice sempre utile per affermare tesi e idee sul suono applicato alla realtà che ci circonda. Faccio subito una considerazione: queste pagine non si leggono a cuor leggero, nel senso che se siete arrivati a sapere della sua esistenza, probabilmente avrete avuto modo di conoscere il lavoro dell’autore, che per l’occasione non manca di sviscerare e catalogare con dovizia di particolari tutte quelle esperienze che possono tornare utili a chi ha a cuore i temi delle interconnessioni tra suono, spazio circostante e fruibilità dello stesso. All’interno sono inclusi gli studi che Di Croce ha svolto allo IUAV di Venezia. Secondo me il libro in questione dovrebbe essere letto dagli assessori alla cultura e dell’urbanistica, e da tutti quegli operatori culturali – compresa la categoria dei docenti e professori universitari – che vogliono meglio comprendere la funzione sociale stessa del suono all’interno di un sistema di vita quotidiano. È chiaro che per arrivare a mettere in pratica tutte le teorie di Di Croce non basta di certo solo leggere il libro, però questo può fare da base per approcciarsi con rigore e criterio scientifico allo studio del “circostante” inteso come spazio vitale e uditivo che ci sta attorno, cosa che sono sicuro molti di noi danno per scontata. Non a caso si parla di territorialità, di attenzione, di pratica di registrazione, tutti elementi che se uniti danno un maggiore senso a questo mondo che sempre più spesso è vissuto con incredibile e sciagurato senso di vuoto. Dunque affrontare la lettura con la necessaria attenzione resta una condizione imprescindibile che può aiutare alla comprensione ed alla messa in pratica di una serie di comportamenti sociali che possono rendere la società contemporanea più consapevole.

“Il paesaggio sonoro può allora essere letto come il luogo in cui si rivelano il carattere e i significati impliciti delle pratiche quotidiane, ovvero gli usi e gli abusi spaziali così come gli incontri e i conflitti sociali. L’ambiente sonoro è traccia che si diffonde, è messaggero che trasmette informazioni tra quei gruppi che non stabiliscono interazioni dirette tra loro: è per questo linguaggio codificato dagli usi e dal senso comune, e costituisce una possibile fonte di interpretazione del ‘linguaggio’ degli attori ‘muti’, così come un’occasione di apprendimento per l’istituzione. Solo una sintesi, una visione d’insieme di questi attributi può consentire di riformulare il ruolo dell’ascolto e di indagare con sensibilità il margine.”. pp. 136

Dal sito di Meltemi è possibile scaricare anche le tracce audio che hanno ispirato Suoni a margine. Ascoltandole, si avrà modo di comprendere ancora meglio gli intenti e gli studi compiuti dall’autore.