SURACHAI

Surachai © Dean Paul de Leon

La cosa più divertente dell’intervista a questo talento americano, già celebrato dai nostri cugini di Cvlt Nation, è che quando gli chiedi del suo disco black metal di qualche tempo fa, scopri che non sa chi sono i Mayhem. Forse a un musicista elettronico non si può chiedere di essere troppo documentato sul metal, specie se poi si vede che i suoi album, sempre diversi, mostrano l’approccio onnivoro e bulimico di chi è probabilmente cresciuto nell’epoca della musica smaterializzata e pressoché gratis, quindi di chi nello stesso giorno magari ascolta i Regurgitate e Stockhausen. Anche il nuovo album di Surachai, Instinct And Memory, che con l’esperimento black di qualche riga più sopra non ha nulla a che fare, rivela un certo eclettismo. Abbiamo provato a capirci qualcosa di più, così saremo preparati quando dagli Stati Uniti arriverà qui a suonare. I consensi che sta raccogliendo, del resto, me lo lasciano proprio pensare.

Vivi a Chicago. Dal mio punto di vista europeo (non ci sono mai stato) è come un Luna Park. Inventano letteralmente generi nuovi lì. C’è molta industrial music (la Wax Trax era di Chicago, i Ministry, Mark Solotroff…) e una forte scena metal o post-metal (Sanford Parker e i suoi vari progetti, Yakuza, Nachtmystium, Locrian, Indian…). Ci sono anche i media, ad esempio Pitchfork. E c’è Steve Albini. Questa città è così buona per te come lo sembra a me da qui?

Surachai: Ah! Il Luna Park è un riferimento molto peculiare! Per quanto riguarda Wax Trax, sono la sola persona che conosco a non averla seguita quando crescevo. La scena metal qui è in salute, sono con Sanford su un disco dei Nachtmystium (Surachai deve aver aggiunto parti elettroniche a Silencing Machine del 2012, da quanto posso capire, mentre Parker era al solito il produttore, ndr). Lo stesso vale per un altro ep recente, anche se non sapevo che ci avesse lavorato fino a quando non è stato pubblicato! Mi ha presentato una serie di persone che hanno finito per esser musicisti-chiave nell’album Embraced.

Infatti Embraced è un album influenzato dal black metal. Ascolto black sin dai Novanta. Mi piace la scena francese e penso che ci siano band molto buone anche negli Stati Uniti, ma quando sento oggi dischi come Esoteric Warfare (Mayhem) o A Umbra Omega (Dødheimsgard) capisco che c’è una generazione di norvegesi che ancora sta sul trono. Che ne pensi come ascoltatore?

Sì. Anzitutto e soprattutto, sono un fan della musica e ovviamente del metal, e di qualunque colore. Non so dire chi sia meglio dell’altro, chi stia sul trono, o quali Paesi facciano meglio, posso solo parlare di quello che mi piace. Ripeto, sono solo fan della musica e non penso davvero a perché qualcosa mi piaccia e qualcosa no, il che mi fa apprezzare molto musica ritenuta uncool. Non ho mai sentito parlare dei gruppi che hai menzionato, ma andrò ad ascoltarmeli!

La filosofia black metal è “less is more”. Ti piace questo modo di comporre?

Dove hai sentito che questa sarebbe la sua filosofia? Ti posso garantire che roba che mi piace non segue quella regola. Ad esempio i Deathspell Omega sono “more is more” a tutti i livelli: scrittura, performance, distorsioni, mixing e mastering. Aspetta, i Deathspell Omega sono considerati black metal? Al di là di questo, posso apprezzare questo modo di comporre, ma non lo seguo sempre. Credo di non seguire una filosofia precisa, piuttosto mi adatto a ciò a cui sto lavorando, che è molto variabile ogni giorno, dato che il mio lavoro è a sound designer e location audio/mixing engineer per le agenzie pubblicitarie.

Sei un musicista elettronico. Sei parte di un collettivo che gestisce un sito che è considerato una risorsa importante per capire come lavora chi nel tuo campo usa l’analogico. Nel presentare il tuo ultimo disco, descrivi il tuo equipaggiamento in modo molto dettagliato. Penso sia assolutamente legittimo preferire roba analogica (penso a geni come i Pan Sonic), ma non troppa gente possiede la tua precisione maniacale. Perché?

Perché la gente non ha la mia precisione maniacale? Non so rispondere assolutamente. Né, in tutta onestà, capisco cosa significhi precisione maniacale. Per quanto riguarda la preferenza tra analogico e digitale, non ne ho una. Gli strumenti si usano, e ce ne sono alcuni che per un dato lavoro sono migliori di altri. Penso sia responsabilità di chi li utilizza conoscerne i vantaggi, gli svantaggi, gli esiti. Intendo che puoi usare un martello per avvitare, e darebbe risultati interessanti.

Surachai © Thomas Fang

Come hai deciso il titolo del tuo album? L’artwork rappresenta istinto e memoria come due ragazze?

Il titolo dell’album ha una vera storia dietro, ma è noiosa, così l’ho mascherata con l’artwork creato da Emilie Elizabeth (che aveva fatto anche quello per Ritual, del 2014) e Briana Gonzales. Abbiamo costruito un mondo a partire da un testo e da un artwork specifici, in modo che l’ascoltatore si sentisse il benvenuto una volta dentro. Quindi benvenuto!

Sembra che tu abbia voluto concentrarti su suoni percussivi ed esplorare i ritmi. Cosa ti ha condotto a questa scelta?

Questo lo puoi attribuire a dei moduli specifici che ho nel mio sintetizzatore. Ci sono moduli che, da soli, sono già molto avanti, ma quando tu cominci a combinare le funzionalità, queste caratteristiche avanzate cominciano a moltiplicarsi in percorsi ancora più complessi e probabilmente impossibili da comprendere. È facile accedere a queste “patch” ritmiche in grado di sconvolgerti la mente e a me piace giocarci e trovarci un senso, di solito quando registro.

Hai ottenuto un sound molto riconoscibile per questo disco: grezzo, scuro, tagliente  e metallico. Quanto hai lavorato per ottenere questo risultato? Stavi cercando questo sound dall’inizio o le cose si sono evolute durante la registrazione?

Interessante che tu la veda così. Il segnale che ho usato era lo stesso per tutto l’album ed è passato per distorsione (Doepfer 12 Stage Vactrol Phaser / WMD Geiger Counter / Harvestman Malgorithm), compressore (L-1 Microcompressor), distorsione/compressore (Thermionic Culture Vulture Super 15). Quindi tutto ciò che è uscito possedeva un’estetica “uditiva” simile, indipendentemente da ciò che io mettevo dentro. Dopo aver usato questo metodo per alcune patch, mi ci sono dedicato e continuo a usarlo ancora oggi. Sentiti libero di provarlo anche tu!

Hai suonato dal vivo con Venetian Snares, lo hai intervistato per il tuo sito. Questo probabilmente ha influenzato il mio ascolto del tuo album, perché alcune sue parti sembrano trarre spunto dalla cosiddetta “intelligent dance music”. Segui progetti come Autechre, Aphex Twin, Squarepusher (e così via)? Se no, pensi comunque che ci possano essere delle somiglianze.

Oh sicuramente! Sono cresciuto ascoltando Warp, Schematic, Planet Mu… e lo faccio ancora oggi. La somiglianza tra Aphex/Autechre e me è che possiamo avere in parte lo stesso equipaggiamento, la differenza è che io, paragonato a loro, sono solo una scimmia che pesta le pietre.

Che mi puoi dire della tua collaborazione con Annie Hall (Ana Artalejo)?

Annie Hall è un’amica che mi ha chiesto di remixare qualcosa di suo e io personalmente non sono propenso ai remix, così le ho chiesto se le andava di collaborare su qualcosa. Il processo alla fine è stato molto simile a un remix: lei mi ha mandato dei file che io ho caricato sul modulare oppure ho annichilito con DSP, arrangiato e messo in sequenza nel modo in cui è oggi. Non c’è stato molto dialogo a parte “qui ci sono i file”, “questo suona cool” e “ho finito”.

Che ci racconti dei tuoi prossimi progetti? Tour, nuove pubblicazioni della tua etichetta…

A inizio maggio ho filmato a Portland i visuals per il mio live show che spero di portare in Europa e negli Stati Uniti. Sono entusiasta all’idea di mostrarli in giro dato che ha ricevuto ottime risposte in alcuni show precedenti, ma penso che quello che abbiamo girato la porterà al prossimo livello. BL_K Noise ha come piani immediati la pubblicazione di due ep: uno di Moe Espinosa/Hypoxia e un altro che è una collaborazione tra me e Moe che per titolo al momento ha Sentence. Tutto il resto me lo tengo stretto, per il momento.

Surachai © Kraw