Storie dalla Macedonia

I Balcani producono più storia di quanta ne possano digerire (Winston Churchill)

Questa frase del famoso primo ministro inglese è indisponente ma significativa, come molti suoi aforismi: non ci sono dubbi. Prova ne sono le ricche e – ahimè – dolorose vicende storiche di quella parte d’Europa che in ogni caso tanto ha contribuito alla ricchezza culturale del nostro Continente. A ben vedere più importante sembra essere il fatto che i Balcani siano stati terreno di contatto, confronto e scontro tra due grandi imperi in decadenza, quello asburgico e quello ottomano. Ed è forse questa una delle ragioni fondanti per la complessità e la profondità del loro patrimonio culturale, così vario e colmo di influenze tra le più disparate. Soprattutto quell’inserto d’Oriente che increspa e colora tutto di suoni e sapori particolari, esotici.

Tra le varie nazioni che si sono formate dopo l’esplosione della Jugoslavia e la conseguente terribile guerra civile, ce n’è una che per fortuna non è stata toccata, per lo meno direttamente, dal conflitto, e che ha ottenuto in modo abbastanza pacifico la sua indipendenza. La Macedonia, ora ufficialmente Macedonia del Nord dopo lo storico accordo con la Grecia che ne contestava il nome (ah, i Balcani), è stata ed è tuttora un paese che raramente ha fatto parlare di sé, soprattutto dal punto di vista culturale. Eppure, a metà degli anni Novanta, dai suoi confini emerse un binomio che tutto sommato nulla aveva di meno di quello ben più famoso composto dal regista Emir Kusturica e dal musicista Goran Bregović, responsabili di capolavori quali “Il Tempo Dei Gitani”, “Arizona Dream” e soprattutto “Underground”, mirabili opere cinematografiche accompagnate da altrettante emozionanti colonne sonore. Nel 1994, al festival di Venezia, vince un film di un giovane regista macedone, Milcho Manchevski: “Prima Della Pioggia” (Before The Rain). La colonna sonora è affidata ad un gruppo chiamato Anastasia, trio di musicisti tutti provenienti dalla capitale del giovane paese balcanico, Skopje, che per l’occasione allestisce un set di brani affascinanti e coinvolgenti, giusto commento sonoro (e non solo) a uno straordinario film che vi invito a vedere, se non l’avete già fatto.

L’accoppiata Manchevski/Anastasia purtroppo partorirà soltanto questo lungometraggio, ma questo consentirà al gruppo di avere un breve periodo di relativa fama, e anche lo stesso regista vivrà un momento di gloria salvo poi perdersi nell’immediato futuro.

Goran Trajkoski, Zlatko Origjanski e Zoran Spasovski, a loro agio sia con strumenti etnici (kaval, gajda, tapan) che con computer, synth e sampler, suonano uno strano ed affascinante mix di musiche e vocalità bizantine, cristiano orientali ortodosse, paganesimo, in aggiunta a ritmi e melodie balcaniche con chiari influssi dark e post-punk. Una vera e propria macedonia di suoni che rende magica la musica degli Anastasia, creando un ponte tra Oriente e Occidente, passato e futuro, tradizionale e contemporaneo, acustico e elettronico. Un continuo rimando tra opposti che nella musica dei tre opposti non sono ma solo diverse interpretazioni e approcci di un unico materiale, ben assemblato e ricco di fascino, evocativo.

Da questo punto di vista la colonna sonora dello splendido film di Manchesvki è di sicuro più orientata verso la tradizione, l’elemento acustico, il retaggio bizantino. Il ritmo è frammentato e dilatato, in una continua suddivisione, mentre la voce cavernosa e scura di Trajkoski evoca i Balcani più profondi, sorretta da chitarre, flauti, gajde e da fasce sonore sintetiche. Un’esperienza mistica, per certi versi, una colonna sonora perfettamente in grado di evocare immagini anche senza l’ausilio del film, un disco che si lascia ascoltare con estremo piacere e con intense vibrazioni.

Il successo, seppur relativo, non stravolge gli intenti degli Anastasia e nel 1997, grazie all’etichetta greca Libra Records, fanno uscire il loro secondo disco, Melourgia. E qui, probabilmente, ci troviamo di fronte la vera anima del gruppo, molto più scura e dura rispetto alle atmosfere di Before The Rain. È vero che il lavoro è una raccolta di loro precedenti composizioni in gran parte inedite, con alcune canzoni già pubblicate, ma qui in una differente versione (la bellissima “By The Rivers Of Babylon” pubblicata nel 1990 insieme a “Pass Over” in un mini lp per un’etichetta jugoslava, poi ristampato nel 1994 dalla casa discografica Poeta Negra di Salonicco), e quindi non propriamente un secondo lavoro, nondimeno il volto del gruppo appare per certo diverso dai respiri balcanici dell’esordio.

Da Melourgia emerge l’anima dark e post-punk: ci sono rimandi ai Killing  Joke e ai Virgin Prunes di If I Die I Die, proposti però con estrema originalità e riadattati in chiave pagano ortodossa. La voce così grave e potente evoca un mondo di ombre dove l’elettronica è predominante e le atmosfere spesso inquietanti.  Ma la musica di questo disco mantiene ancora quel respiro vitale che stempera in parte le atmosfere più scure, con gli inserti acustici sempre ben bilanciati e i retaggi bizantini che affiorano in tutto l’album, lasciando quel sapore orientale che dà un’impronta affatto originale all’intero disco. Non un lavoro organico, ma probabilmente una sorta di risposta all’identificazione con il mondo etno-world che Before The Rain aveva portato al gruppo.

Nel 1998 esce il terzo lavoro degli Anastasia, il secondo a tutti gli effetti: Nocturnal, sempre edito dalla Libra Records. E sembra che il gruppo concluda il percorso e arrivi alla completa trasformazione, tornando probabilmente ai suoi inizi, una sorta di viaggio circolare che rimanda al film Before The Rain. Qui l’elemento etnico è quasi del tutto scomparso a favore di una musica elettronica in chiave trance/house, tra Orb, Aphex Twin, gli Eat Static della famiglia Ozric Tentacles e persino qualche accenno ai lavori solisti di Natacha Atlas. Ancora è presente la voce cavernosa e ortodossa che oscura il paesaggio, mentre qua e là profumi orientali danno un leggero senso di esotico. Ma è una musica dal respiro continentale e occidentale, che poco lascia trasparire delle sue radici balcaniche. È come se gli Anastasia volessero a tutti i costi allontanarsi dal mondo etnico al quale erano stati accostati dopo Before The Rain. In questo senso è un ritorno alle origini, alla militanza post-punk, ai suoni dark/wave della fine degli anni Ottanta, quando i giovani gruppi rock jugoslavi guardavano con passione a ciò che accadeva nella terra d’Albione.

Con gli inizi degli anni 2000 il gruppo va in crisi e si scioglie definitivamente. Un peccato, visto la qualità della sua musica e l’originalità della sua proposta. Ma, come in tutte le storie magiche, scavando nei meandri della rete si fanno belle scoperte, che magari non ci portano al lieto fine, ma ci danno comunque ancora emozioni inattese.

Grazie ad una fantomatica etichetta macedone, presente solo on line, la Ezgia Records, dedicata solo alla musica della Macedonia del Nord, le note degli Anastasia ci colpiscono di nuovo e questa volta in una veste live: Anastasia – Live 1994-2001 è il disco presente nel catalogo dell’etichetta, purtroppo solo in versione mp3 e non con il supporto fisico.

È una piacevole ed emozionante sorpresa ascoltare le vibrazioni etniche con/fondersi con l’elettronica, la voce cavernosa mitigata dalla gajda, il kaval che disegna melodie balcaniche sorretto dal synth che delinea flussi sonori inarrestabili, e tutto con un’energia e un coinvolgimento che solo i grandi live sanno dare. Il disco attraversa tutta la produzione del gruppo e sembra non ci sia cesura tra Before The Rain e Nocturnal, frutto di un approccio moderno alla tradizione e di una sensibilità world applicata alla musica elettronica/trance. Esemplare la bellissima “Passover”, lunga, dilatata e avvolgente, che fonde antico e moderno, spiritualità e materia o, più semplicemente, Oriente e Occidente.

Un viaggio inaspettato che illumina con più forza il percorso atipico di un gruppo in bilico tra diversi mondi sonori e culturali in generale. In questo, inconfondibilmente e profondamente, espressione dei Balcani.