MICHELE FRANCESCONI, Solo

Razionalismo applicato, enciclopedismo emotivo

È possibile conciliare razionalismo ed emotività? E riconciliarsi con la moltitudine di figure che accalcano l’identità personale? Sì, almeno dentro la cornice delle dieci tracce del disco in piano solo di Michele Francesconi. Lungo un percorso concertistico e didattico di almeno un ventennio, Francesconi ha agguantato qualcosa su cui forse stava già placidamente seduto: la certezza di essere così come è, proprio dentro a quelle contraddizioni, anche dilaceranti, che lo hanno portato a confrontarsi con rigore maniacale con i “grandi del jazz”, vecchi e nuovi, conosciuti e meno conosciuti, certificando la sua personalità musicale per genus proximum et differentiam specificam. Così è emerso, con sempre maggiore nettezza, un razionalismo applicato allo studio dei linguaggi jazzistici che è andato via via valorizzandosi in un enciclopedismo emotivo, tale da fare del suo pianismo il locus amoenus di una comunità jazzistica ideal-tipica. Forte di un confronto serrato e continuativo con gli standard, Francesconi è forse uno dei pochi pianisti jazz a noi contemporanei a saper differenziare il tocco con la stessa minuziosità di un interprete classico alle prese con un repertorio vasto e variegato (non si tratta soltanto di suonare staccato, legato, portato, spigoloso, cantabile… ma di curvare altresì la timbratura di ogni nota al senso del fraseggio e alla personalità del compositore). Intendiamoci anche su un altro aspetto non marginale: dove potrebbe tranquillamente dare sfoggio del suo virtuosismo trascendentale, il nostro pianista esercita l’arte sublime della rinuncia (come un atleta altamente performante nei panni acconci di un monaco benedettino).
Vediamo allora come il sistema-Francesconi si dispiega metodicamente nel disco Solo.

“Darn That Dream”: il pianoforte è svuotato della sua caratteristica orchestralità per assumere la consistenza di uno strumento a fiato che muove le sue linee melodiche entro spazi ampissimi e remotissimi. La lezione di Luca Flores guida tanto l’arrangiamento di Francesconi quanto l’attenzione dell’ascoltatore, l’intenzione di essere floresiani è quindi dichiarata. Il processo di densificazione accordale, tra anticipi e giochi sul time, conduce a una coda con una cadenza rarefatta, interrogativa, impressionista.

“But Beautiful” è forse il pezzo emotivamente più intenso e toccante del disco. Qui Francesconi, che sovraincide una seconda ed una terza traccia a quella primaria, lasciando risuonare i pad, si fa ossessivo e oscuro: è una sorta di ligetizzazione forzata di una ballad con doppia paternità surrogata in Petrucciani e in Beirach. Il finale in crescendo con ribattuti sempre più stringenti giunge naturale come una piena lentamente montata. Ecco il Francesconi introverso, che rivolge tutto allo specchio interno, e che fa scorta di ogni turbamento umorale.

“All The Things You Are” / “All The Things You Are (Slow Version)”: stupisce il modo narrativo con cui si fondono in un tutt’uno l’enciclopedismo stilistico, l’arte delle modulazione, l’imprevedibilità del fugato e la libertà/varietà di fraseggio sul beat. Questa doppia versione è esemplificativa della sensibilità bifronte di Francesconi: estroversione spumeggiante da un lato, introversione meditativa dall’altro.

“Do You Know What It Means To Miss New Orleans”: siamo proiettati d’un tratto in una jam infuocata degli anni 40, con tre pianisti ideal-tipici che dialogano tra loro spalleggiandosi ed amplificando il messaggio “enjoy it!” Francesconi ottiene il massimo dell’orchestrazione per differenziazione, sia quantitativa che qualitativa. Questa traccia esemplifica al massimo grado la concezione triadica del tempo di cui il pianista si fa alfiere: tempo rapsodico, tempo percepito, tempo spazializzato.

“Unforgettable” è un trattato sulle sfumature timbriche applicato alla ricchezza di soluzioni armoniche. L’impressione che si ricava fin dal primo ascolto è quella di entrare con tutte e due i piedi su una nuvola fluttuante e cangiante, tenendo però in mano un microscopio per vedere sempre bene la composizione chimica della sostanza aeriforme. Con questa sovraincisione (due pianoforti, un Rhodes e un pad) veniamo proiettati in una versione contemporanea del Bill Evans di “Conversations With Myself”.

“Lush Life”: su una netta separazione tra bassi e tema, prendete il Chick Corea in piano solo della metà degli anni 90 e monkizzate Petrucciani, il centrifugato stilistico ottenuto versatelo poi tra gli interstizi della struttura del pezzo e otterrete comunque una multi-identità che si compone in una sola metafora sonora.

“Laura” è un pezzo esplicitamente evansiano, incentrato sulle quadriadi e sul senso di seduzione della melodia, tale per cui ogni possibile esplosione espressiva è annunciata ma mai esplicitata. La forza di questa versione alberga quindi nel contenimento e nel rimando.

“Tenderly” è forse l’improvvisazione dove la logica di consecuzione delle idee raggiunge le più alte vette. Dopo un’esposizione adamantina del tema, Francesconi inanella tre chorus alquanto ispirati, con un uso della pentatonica tanto didattico quanto esplorativo.

“If You Could See Me Now”: qui la prosa di Francesconi è tutta sobrietà, asciuttezza, abbandono, vulnerabilità, sospensione. Oltre al modo di tenere lo slow tempo, stupiscono la reticenza a pronunciare l’articolazione e la compostezza nella disposizione delle frasi. Una ballad che sembra scorrere indietro, non per indolenza, ma per saggezza acquisita, come una sfera lungo una superficie impercettibilmente inclinata.

Di questo disco (maturo, coraggioso, autentico) ho avuto modo di ascoltare anche la pre-produzione, che lo stesso Francesconi mi inviò. Ciò che provai allora, mi si ripresenta intatto ed inviolato nell’atto di scrivere questa recensione: un senso di elevazione dalle cose terrene, qualità mentali raffinatissime in lotta con la materia grezza, una rigorosa ricerca di struttura nel rischio di piccoli crolli felici.

Tracklist

01. Darn That Dream (Jimmy Van Heusen)
02. But Beautiful* (Jimmy Van Heusen)
03. All The Things You Are (Jerome Kern)
04. All The Things You Are (slow) (Jerome Kern)
05. Do You Know What It Means To Miss New Orleans* (Louis Alter)
06. Unforgettable* (Irving Gordon)
07. Lush Life (Billy Strayhorn)
08. Laura (David Raksin)
09. Tenderly (Walter Gross)
10. If You Could See Me Now (Tadd Dameron)

*with overdubbing