LENG TCH’E, Razorgrind

Dopo sette anni e svariati cambi di formazione i Leng Tch’e tornano a pestare duro con Razorgrind, che fin da subito mostra un certo spessore artistico. Se Hypomanic, l’album precedente, vedeva i quattro musicisti belgi in una situazione di stallo, adesso sembra che le cose siano cambiate e notevolmente migliorate, forse anche perché non ci sono state più defezioni a livello di line-up.

Gli albori solo grind di Death By A Thousand Cuts e ManMadePredator sono lontani: ora un hardcore irrobustito col death metal si alterna magicamente al grind più canonico (ma che sa fare male come non mai), passaggi cadenzati danno respiro all’insieme e fanno sembrare ancora più aggressive e violente le parti veloci. Ascoltando “Indomitable” e “AnarChristic”, ad esempio, si capisce come il gruppo riesca a restare dentro i canoni del suo genere, pur trovando nuove coordinate stilistiche. Tutto questo è dovuto forse al coraggio di provare a inserire a piccole dosi soluzioni nuove rispetto al suo retaggio musicale. Un’identità sonora, insomma, che durante il disco cambia e si trasforma pur rimanendo sempre comunque la stessa. Ne è la prova “Redundant”, che di ridondante non ha nulla, anzi proprone un ciclo caustico di violenza thrashcore senza cadere nel banale.

Sentendo i nuovi e ritrovati LengTch’e vengono in mente le gesta folli e cangianti dei Cephalic Carnage di Anomalies: l’approccio è quello, anche se questi ultimi spingevano per una disarticolazione del death metal più matematica e meno emotiva. Razorgrind suona potente e devastante, come in “The Red Pill”, dove si raggiungono quasi momenti epici nello stile punk crust di Disfear e Venomous Concept.  L’eclettismo compositivo è chiaro nell’episodio più particolare ma più anthemico del disco: “Guinea Swine” è una canzone tritaossa, arrangiata con gusto e un pizzico di follia anche con un hammond.

Sembra che la carriera dei Leng Tch’e sia tornata ai fasti della Relapse Records, quando parevano i legittimi eredi di Napalm Death e compagnia. Poi qualcosa si ruppe. Ora con quest’album le cose potrebbero prendere una piega diversa e il gruppo potrebbe recuperare il tempo perduto.