L’elettronica aumentata degli Autechre – Riflessioni sul recente box-set NTS Sessions

O-tek-er

 

Autechre

Æ, con queste due lettere i fan di mezzo mondo si riconoscono in una sorta di credo, quello derivante dalla passione per la musica del duo proveniente da Rochdale, cittadina-satellite di Manchester non lontana da Sheffield. Siamo in pieno North West England, un’area che ha visto nascere band diremmo fondamentali: Clock DVA, The Future Sound Of London, Joy Division… solo per citarne alcune, altrimenti si farebbe notte.

 

Gli Autechre sono in due, Rob Brown e Sean Booth, e fanno musica dalla fine degli anni Ottanta. Sono passati quasi trent’anni dalla loro prima incisione, l’ep Cavity Job (1991), due soli pezzi pubblicati dalla piccola Hardcore Records, di proprietà di un certo Lee Muspratt, protagonista di altrettanto piccoli progetti di matrice acid-house a nome Quatermass e Switchblade. Quello fu un primo vagito che, a riascoltarlo oggi, sa naturalmente di acerbo e di classico figlio del tempo – fra tensioni trance e forti rigurgiti hardcore – che però non è affatto privo di personalità, e ci mancherebbe, dato che stiamo parlando di chi cambierà, letteralmente, le sorti della musica elettronica odierna. Ma andiamo con ordine: nel 1992 esce il primo vero disco lungo con questo nome, Incunabula. Da qui parte il loro ormai storico sodalizio con la Warp Records, label che dimostra col passare del tempo di saperci fare in fatto di musiche elettronichead esempio nella breve serie denominata Artificial Intelligence vengono presentati un po’ di nomi importanti del panorama inglese, oltre agli stessi Autechre anche Seefeel, Alex Paterson degli Orb e Aphex Twin (a nome Polygon Window). Peraltro, al solo scorrere nell’enorme catalog,o saltano all’occhio gli album di Squarepusher, del compianto Mark Bell (LFO), Sabres Of Paradise, Broadcast, Nigthmares On Wax, Leila, Boards Of Canada, il già citato Aphex Twin, poi Black Dog, Plaid, Two Lone Swordsmen, Global Communication e Oneohtrix Point Never. A pensarci bene la Warp, in quanto ad influenze su tanta musica degli ultimi trent’anni, può essere paragonata alla Earache, che in ambito metal detterà legge in particolare nei Novanta. 

 

In questo decennio, e in quello successivo, Booth e Brown scandagliano in lungo e in largo i terreni fertili (a colpi di algoritmi) dell’elettronica chiusi nel loro studio e affinando la padronanza di software come Max/MSP, programma fondamentale per molte delle musiche d’oggi, e lo fanno mettendo su una piuttosto corposa discografia che va da Amber (1994) a Tri Repetae (1995) a Chiastic Slide (1996) a LP5 (1998), passando Confield (2001), Draft 7.30 (2003), Untilted (2005), compreso lo split con gli Hafler Trio – aeo & hae del 2005; successivamente arriveranno Quaristice (2008), Oversteps (2010) ed Exai (2013), fino al recente Elseq 1-5 (2016), culminato con un lungo tour, prima americano poi europeo, che ne ha decretato lo status di “band” di culto del nuovo millennio.

 

Titoli curiosi per le musiche dell’era digitale

 

NTS Sessions

Le NTS Sessions 1-4, il loro ultimo parto, sono il frutto di una vera e propria residenza programmata dal network radiofonico inglese (una web-radio che ha ospitato il Gotha dell’elettronica mondiale, da Jeff Mills ad Andrew Weatherall, passando per Ryuichi Sakamoto). I due si sono permessi il lusso di mettere in cantiere quattro puntate, poi trasmesse live ogni giovedì del mese di aprile 2018. Si tratta di una serie di improvvisazioni/variazioni su temi (in parte già sviluppati) che molto hanno a che fare col precedente Elseq 1-5, solo che qui i numerosi spunti già lì presenti vengono sviscerati come in un’incredibile operazione a cuore aperto: ecco dunque le intermittenze come di un Aphex Twin perso nello Spazio di “Bqbqbq”, la sinfonia anfetaminica in forma di frattura di “North Spiral”, la melodia piacevole e dolciastra di “Four Of Seven”, con la quale si balla realmente, ma è un ballo pesante, spossante, come di morte in fondo.
La seconda session è caratterizzata da un più sostenuto utilizzo delle ritmiche: “Elyc97hres” ricorda quasi letteralmente una partita a flipper, giocata però da un robot, “Xflood” ha quel suo incedere post-rave divertito e allo stesso tempo flemmatico, di chi ha preso qualunque cosa e ha difficoltà a tornare sulla terra. Se “eO” mostra un lavoro sulle ritmiche frastagliato e originale, dove scampoli di ideali orchestre Gamelan si mescolano a battiti techno, “Turbile Epic Casual, Stpl Idle” è un incredibile mostro sonoro che ingloba lontane eco di musiche New Age e rumori di fondo che portano alla mente gli score di Alan Splet, proprio quello di Eraserhead.
Arriviamo così alla terza parte di questo assurdo viaggio/incubo sonoro: in “tt1pd” praticamente si balla che è un piacere, ma come logico è una forma di movimento sempre a-ritmica, senza troppo coordinamento corporeo; la felicità, o lo spavento a seconda dei punti di vista, sono davvero dietro l’angolo… Succede lo stesso nella altrettanto portentosa “fLh”, otto minuti di gioia pura e post-ravey. Il trattamento è simile pure nella chiusura di “Icari”, anche se i beat sono ancora più lenti e frastagliati.
La quarta session conclude quest’incredibile excursus psichico con un quintetto di tracce che continuano a creare un’atmosfera malsana e sinistra: la minacciosa cavalcata di “Frane Casual” a cui il fiume carsico di “Shimripl Casual” fa da lungo contraltare (quasi venticinque minuti), lavorando di sottrazione e appunto sottotraccia, mentre “Mirrage” fa pensare a uno spettro che si aggira tra le macchine dello studio degli Autechre. Come si conclude questo disco assurdo, che già definirlo disco è pure troppo riduttivo? Ovvio, con la prosecuzione della traccia precedente, “Shrimripl…”, solo ancora più tirata per le lunghe e col necessario titolo, “All End”, a sottolineare l’incredibile vena visionaria (e funerea…) che i due sviluppano attraverso lunghe jam free-form che possono certamente annoiare in tanti, ma allo stesso tempo colpirne molti altri. Di recente hanno dichiarato a Rolling Stone Italia di avere tipo 450 ore di pezzi inediti chiusi dentro un hard-disk. C’è sempre molta più roba di quanta ne vorresti far uscire…

 

We are the robots?

 

Autechre

Queste NTS Sessions, in formato digitale oppure in box da otto cd o dodici lp, sono qualcosa di inaudito, summa e al contempo croce e delizia di un duo che continua a mettersi in gioco sin dagli esordi, che ha certamente la fortuna (e la capacità) di sperimentare (mai definizione è stata più calzante), di creare suite al limite dell’incredibile. Questa è un’opera che con ogni probabilità passerà alla Storia delle musiche elettroniche contemporanee, nonostante potrà risultare ingestibile (e indigeribile) per molti, data la durata e la natura aliena di quelli che possono sembrare solipsismi di un robot programmato per comporre senza fermarsi. Questa è musica che mette a dura prova chi decide di dedicarle più di un ascolto ponderato, è musica difficile, forse l’esempio massimo di non music contemporanea.

Il disco dell’anno, da avere assolutamente.