KTL, VII

Immaginate di trovarvi in una metropoli deserta. Immaginate, inoltre, di essere bloccati nei piani alti di un grattacielo dalle cui finestre è possibile osservare l’intera città. Nel momento storico in cui ci troviamo non è certamente difficile rappresentarsi uno scenario simile. Provate però a non pensare a quello che sta succedendo oggi nel mondo ma, con un ulteriore sforzo, cercate di restare sulla città immaginata aggiungendo dei dettagli da weird fiction: la metropoli è deserta perché qualcosa di non ben identificato, ma di certo non umano, la sta divorando dall’interno. Un’entità priva di forma fisica, difficilmente rappresentabile e concepibile, che manifesta i suoi effetti distruttivi attraverso raffiche irregolari di rumori. Scariche sonore così intense ed estese da riuscire a distruggere pezzo per pezzo la città stessa. Uno scenario simile trova la sua colonna sonora perfetta sul lato A di questo nuovo capitolo scritto dai KTL – Stephen O’Malley, Peter Rehberg (aka Pita) – composto dalle tre tracce “The Director”, “Silver Lining” e “Lee’s Garlic”. A differenza di altri realizzati durante il lockdown, quest’album enfatizza la sensazione di claustrofobia e di catastrofe derivante dalla situazione presente. Tale idea riecheggia anche nella cover art realizzata da Nina Hartmann, la quale aveva già lavorato per musicisti come Horoscope e Drew McDowall (Coil, Psychic TV, The Poems). “Untitled Capsule”, titolo del lavoro di Nina, consiste in un blocco di resina all’interno del quale sono inglobate tre fotografie con soggetti differenti: un filo spinato, un oggetto confuso e un’istantanea dall’alto di una cittadina composta prevalentemente di case mobili, identiche nella loro piattezza e nella loro mancanza di caratteristiche particolari.

Registrato e mixato durante il soggiorno prolungato dei due musicisti a Berlino, VII presenta un intreccio accurato di suoni di chitarra, drone e campionamenti di sirene, che forma un campo sonoro altamente evocativo. “The Director”, traccia d’apertura, definisce infatti fin dai primi secondi il contesto ansiogeno che sarà costante per tutta questa prima facciata: la tensione, intervallata da distorsioni e stridii digitali, continua a salire per tutto il tempo finché non si spegne nel suono di un’esplosione soffocata. La sensazione di minaccia incombente viene ripresa in “Silver Lining”: fondata sul campionamento di diversi allarmi e sirene, quest’ultima gioca con l’abusata scala di Shepard per creare nell’ascoltatore una sensazione di costante insicurezza. Ciò che lega fra loro questi due episodi non è solo l’insieme di sensazioni suscitate, ma il comune contesto che viene invocato. In entrambi i casi, infatti, sembra di trovarsi intrappolati all’interno di un ambiente urbano nel quale sta avvenendo un processo inesorabile di disgregazione. “Lee’s Garlic”, chiusura del lato A, aggiunge altre caratteristiche a questa finzione narrativa attraverso feedback e rumori di oggetti che vengono distrutti, come se le stesse scariche esercitassero una forza centripeta verso ciò che le circonda, facendo risuonare gli oggetti che da esse vengono attratti con violenza. Questo universo, così ben collegato e definito nella parte iniziale del lavoro, scompare del tutto in “Tea With Kali e “Frostless”. Al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare seguendo il filo delle immagini a cui rimandano i primi tre pezzi, sul lato B di VII troviamo delle atmosfere più rasserenanti e statiche. La seconda parte della produzione si distanzia dunque in modo marcato dalla prima, risultando un po’ sotto tono, al confronto.

Presentando VII, O’Malley e Rehberg hanno dichiarato che, diversamente da altro materiale dei KTL, questo lavoro non è stato pensato come colonna sonora per performance o spettacoli teatrali. Tuttavia, fin dal primo ascolto viene spontaneo fantasticare su di una controparte visiva per queste tracce. Nella sua interezza, infatti, VII può essere considerato come un ottimo esempio di distopia musicale, con i suoni che divengono elementi per costruire immaginari ambienti futuri. E, probabilmente, risiede proprio in questa capacità la forza di un progetto come KTL.