Carlo Leatherface e il Toxic Basement Studio

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Chi segue assiduamente l’hardcore e il metal made in Italy si sarà quasi sicuramente imbattuto in Carlo Leatherface e nel suo Toxic Basement Studio. Tra gli studi di registrazione più ricercati nel nostro paese, si è fatto un nome grazie alle ottime ristampe della FOAD Records (Bulldozer, Raw Power, Nerorgasmo, Ratos De Porao, Paul Chain…), per molte delle quali è stato fatto un lavoro di rimasterizzazione partendo dalle bobine originali. Ho avuto il piacere di collaborare con Carlo per il master delle uscite del mio gruppo, i Night Gaunt, e posso confermare che è un vero professionista. In quest’intervista risponde a molte delle domande che spesso vengono fatte sul mondo della registrazione, oltre a raccontare anche qualcosa di sé.

Prima di tutto, riassumi in breve la storia del Toxic Basement: da quanto tempo è che fai questo lavoro? Quanto ci hai messo per mettere in piedi uno studio tutto tuo?

Carlo Leatherface: La passione per la registrazione e la produzione musicale me le porto dietro più o meno da quando ho iniziato a suonare e registrare dischi. Già intorno ai 18 anni, in occasione della registrazione del primo ep dei Long Dong Silver (gruppo in cui suonavo come batterista), mi ero letteralmente innamorato della vita in studio. Però non ero sicuro che questa sarebbe diventata la mia passione prima e la mia professione successivamente, quindi, con l’inizio del mio percorso universitario, ho un po’ accantonato l’idea. Tuttavia, quando ho fondato i Greedy Mistress, mi piaceva l’idea di avere un controllo maggiore sull’intero processo produttivo di un disco. Quindi ho iniziato a “raccogliere” un po’ di materiale (microfoni, preamplificatori) per registrare, optando per la cantina di casa (da qui “basement”) per le riprese. Mi sono rivolto a un ragazzo che aveva da poco iniziato con la professione di tecnico del suono per la registrazione e mi sono improvvisato produttore artistico. L’esperienza è stata così positiva che ho pensato che forse era il caso di proseguire in quella direzione. Ho chiesto allo stesso ragazzo che ha registrato il disco dei Greedy Mistress di farmi da mentore. Nel mentre, un paio di gruppi di amici si sono proposti come “cavie” e i risultati sono stati apprezzati. Di lì a poco ho avuto una richiesta sempre maggiore e ho pensato che forse era il caso di trasformare questo hobby nella mia professione. Ho allora deciso di sviluppare l’idea di creare uno studio mio personale in cui la sicurezza della professionalità e il relax di un ambiente domestico procedessero di pari passo. Quindi, verso il 2009 è nato il Toxic Basement Studio come è conosciuto adesso.

Da diverso tempo collabori con la FOAD Records, occupandoti di rimasterizzare i dischi che ristampano. Com’è nata la vostra collaborazione? Quali difficoltà riscontri nel rimaneggiare album ormai entrati nella storia del metal e dell’hardcore?

La collaborazione fissa ormai da anni con FOAD Records costituisce uno dei punti di svolta della mia carriera, ha aiutato a far crescere me e lo studio e, credo, ha dato un’ulteriore spinta qualitativa all’etichetta stessa. Il tutto è nato da una conversazione tra me e Giulio riguardo all’etichetta stessa. Si parla della fine del 2010, circa. Giulio cercava una persona che potesse seguire con costanza e professionalità l’intero catalogo. Senza giri di parole, gli ho chiesto di mettermi alla prova per un paio di uscite e valutare poi cosa fare. Sia lui che Marco sono rimasti soddisfatti del mio lavoro e da allora curo praticamente ogni uscita sul piano tecnico-sonoro. Credo di essere arrivato circa ad un’ottantina di uscite, ad oggi. Mi piace la professionalità con cui ogni singola uscita è trattata, che è la stessa che impiego io per il mio lavoro. Inoltre, oltre a un rapporto professionale, si è instaurato in rapporto d’amicizia e rispetto reciproco sia con Giulio e Marco, che con Luca (che ha preso il posto Marco quando ha lasciato l’etichetta). Ad essere sincero non trovo grandi difficoltà sul lato strettamente pratico. Bisogna solo prestare attenzione a mantenere sempre e comunque quello che erano il timbro e la dinamica originale. È molto diverso da un lavoro “tradizionale” di mastering, perché bisogna pensare e lavorare con un approccio più vicino all’epoca in cui i pezzi sono stati realizzati. Inoltre, certe volte, entra anche in gioco un’operazione di restauro della fonte sonora, perché il tempo ha magari danneggiato o comunque alterato il materiale. Occorre quindi analizzare le diverse sorgenti disponibili, facendo un minuzioso lavoro di comparazione. Anche se talvolta è un po’ tedioso, rimane un momento affascinante e un tuffo nel passato.

Quale formato preferisci tra questi tre (dal punto di vista unicamente qualitativo): vinile, cd o tape?

Ti rispondo sia da ascoltatore accumulatore compulsivo di musica, sia da professionista: mi piacciono tutti e tre i formati. E aggiungo anche che, un disco che esce in digitale, realizzato con i dovuti accorgimenti tecnici, può suonare molto bene. Anche se, da ascoltatore, non sono un appassionato di un supporto audio non tangibile (credo di avere tre o quattro album in mp3). Il formato cd è quello tecnicamente più neutro dopo ripetuti ascolti il suono non si altera. Il vinile è un formato che, sulla carta, ha diversi limiti di dinamica e di frequenze, eppure, se questi limiti tecnici vengono sfruttati positivamente, l’ascolto dà molta più profondità al suono. La cassetta ha quel suono un po’ sporco e compresso che ho imparato ad apprezzare negli anni. Inoltre, al contrario di quanto si possa credere, se si presta una certa cura a come viene conservato, risulta molto resistente negli anni. A patto che non si usi uno di quei mangianastri da quattro soldi che devastano letteralmente il nastro.

Secondo i puristi, è meglio registrare in analogico piuttosto che in digitale. È vero secondo te?

Assolutamente no. Non in senso assoluto. Per me la formula vincente è il giusto equilibrio tra l’analogico e il digitale. Se si sfruttano entrambi i mondi, si ottiene il giusto equilibrio tra la precisione del suono digitale e il calore e “l’imprevedibilità” del suono analogico. Se si intende dare al termine “digitale” quella definizione negativa di “freddo, distante, piatto”, ti posso dire che ho sentito dei lavori interamente realizzati in analogico che suonano molto più “digitali” (con l’accezione negativa che ho appena dato) di lavori simili interamente realizzati con un computer. È poi vero che dipende molto anche dal modus operandi di chi ha tra le mani il lavoro. C’è chi non vuole prendere in mano un pc per l’intero processo di realizzazione di una o più fasi di produzione di un disco e vuole avere davanti a sé un grosso banco e delle manopole, e chi viceversa è di una velocità e precisione sorprendente di fronte a un piccolo monitor di un computer. E non ti parlo solo di produzioni indipendenti, ti parlo anche di dischi che vendono milioni di copie. Io, personalmente, utilizzo un sistema ibrido. Ho sia outboard analogico, che plug-in digitali. Ho anche un registratore a bobina che utilizzo se il gruppo e il progetto lo richiede, ma lo uso per sfruttarne il suono. Passo le tracce sulla bobina e le faccio ritornare sul multitraccia del mio pc. Non mi metterei mai a tagliare il nastro col taglierino, quando posso fare editing in meno tempo e con più precisione dal mio software. Ritengo che alcune caratteristiche uniche dell’analogico non possano essere replicate ma che, allo stesso tempo, il livello qualitativo del digitale sia attualmente davvero elevato.

Credi che sia meglio registrare in presa diretta o con le tracce separate, ognuna per ogni strumento?

Io preferisco la registrazione separata. Ma non c’è un motivo reale. È più una questione di “controllo” assoluto di ogni fase produttiva e una maggiore focalizzazione sulla resa del singolo strumento. Però, se il gruppo preferisce registrare in presa diretta, non ho nulla in contrario. È un discorso estremamente soggettivo e da valutare di volta in volta.

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Quale, tra i tuoi dischi preferiti (e non), ti sarebbe piaciuto registrare? C’è qualche album in particolare che secondo te meriterebbe una rimasterizzazione, se non un nuovo mix da cima a fondo?

In riferimento alla prima domanda, non ci ho mai pensato prima di oggi. Così su due piedi mi avrebbe incuriosito molto registrare Lo Spirito Continua dei Negazione, mixare Enter The Wu Tang dei Wu-Tang Clan e registrare e mixare uno dei classici di musica “estrema” tipo Scum o World Downfall o INRI. Più che dischi che meriterebbero una rimasterizzazione, ci sono dei dischi che avrebbero meritato di non essere mai passati sotto le mani di un qualche macellaio della dinamica, con edizioni che suonano talmente compresse e sature da far venire il vomito.

Fino a poco tempo fa suonavi nei Greedy Mistress. Sono ancora attivi? Hai altri progetti musicali in corso?

I Greedy Mistress sono un progetto chiuso nell’agosto 2014, dopo il nostro secondo tour negli Stati Uniti. Per quanto mi riguarda, ci siamo tolti tutte le soddisfazioni che volevamo toglierci, abbiamo passato alcuni momenti stupendi e abbiamo suonato e composto la musica che volevamo realmente fare. Nell’ultimo periodo gli stimoli e l’entusiasmo iniziavano a mancare e ci sembrava meglio fermarci quando tutto aveva ancora un senso, piuttosto che tirare avanti per inerzia. Suoneremo solo un’ultima data il 19 marzo in occasione dei 10 anni del gruppo. Non è una reunion, solo un modo festoso per salutare i nostri amici. Io attualmente sono impegnato nei Moral Values, che ho fondato insieme a Dadi, ex bassista dei Greedy Mistress, e uscirà il nostro primo disco il primo aprile di quest’anno. Inoltre con Giulio The Bastard suono nel progetto studio noisecore Isolation As Cult. Abbiamo fatto uscire pochi mesi fa uno split con gli Aborticidio e stiamo ultimando nuovi pezzi per nuove uscite.

Quali gruppi underground italiani ascolti/preferisci al momento?

Voglio farti un discorso un po’ “di parte” e parlarti di qualche gruppo che ha realizzato album o ep qui da me negli ultimi 12 mesi, che mi è piaciuto particolarmente. Parto dai Mindful Of Pripyat, gruppo deathgrind di elevata qualità che ha anche suonato alla scorsa edizione dell’Obscene Extreme; gli Epyrosis, gruppo death metal molto giovane ma molto valido, i Red Car Burns, gruppo post-hardcore attivo da diversi anni, che ha fatto uscire da poco un disco davvero stupendo (portandolo anche in giro per la east-coast lo scorso autunno), gli Extirpation gran gruppo thrash/black caotico, i Terrorsaw che hanno appena finito di registrare un disco blackened thrash blasfemo stupendo ed infine un nuovissimo duo basso/batteria tra il grind/ hardcore e il nonsense di nome Evil Cosby.

Da poco, come dicevi, hai preso parte al progetto Isolation As Cult, che Giulio The Bastard aveva messo su nei primissimi anni Novanta. Come mai avete deciso di rimettere su in piedi il progetto? Come componete e registrate il nuovo materiale?

L’idea è stata di Giulio, che voleva creare un progetto noisecore con me. Mi ha proposto di riesumare questo side-project che aveva più di 25 anni fa e ho accettato. Dallo scorso anno il gruppo Isolation As Cult è quindi attivo a tutti gli effetti come progetto studio (escludiamo ogni tipo di concerto). A differenza di quanto possa sembrare, il lavoro di realizzazione dei pezzi è tutt’altro che semplice. Specialmente durante la fase di assemblaggio delle canzoni (ci si trova davanti a più di 100 canzoni con un minutaggio complessivo di 3-5 minuti), è richiesta un sacco di pazienza. Mi piace molto, però, l’idea di spingersi così oltre coi suoni, attaccare diversi distorsori e superare il limite della cacofonia. Essendo solo in due, i pezzi vengono registrati tutti in fasi separate, a partire dalla batteria. Una volta finita la registrazione, si passa alla fase di assemblaggio, che, in questo caso, è parte integrante del processo compositivo per poi procedere al “normale” iter produttivo di mixaggio e mastering.

Oltre ad essere appassionato di metal e hardcore, segui anche l’hip hop, e tempo fa avevi anche un tuo progetto, i Bukkake, con i quali hai registrato un disco. Che fine ha fatto quel gruppo? Pensi che suonerete ancora insieme in futuro?

Ho gusti musicali assai vasti pur essendo molto selettivo ed il rap è parte integrante della musica che amo. Più per gioco, che per chissà quali intenzioni, ho fondato questo gruppo rap di nome Bukkake, che comprendeva personaggi di gruppi quali Greedy Mistress, Leeches, PS Pigs, Bang Bangalow, Suinage, insomma nessuno direttamente legato al mondo dell’hip-hop. Per me era principalmente un pretesto per poter produrre musica diversa da quello a cui lavoro abitualmente. Mi sono divertito molto e, stranamente, il disco ha avuto anche un riscontro (seppur marginale) positivo. Altri dischi sotto il nome Bukkake li escludo totalmente. Ho personalmente in cantiere un epcon alcuni di loro, però.

Segui molti programmi televisivi, in particolare Beautiful. Cosa ti colpisce di più della soap opera? La storia secondo te avrà mai una fine? È meglio Ridge interpretato da Ronn Moss o da Thorsten Kaye?

Sono un grande appassionato di cinema di serie z italiano (Luigi Batzella, Renato Polselli, Bruno Mattei, Andrea Marfori) e di televisione spazzatura. Inoltre mi innamoro facilmente di programmi orribili come “Il Boss Delle Cerimonie”, “Geordie Shore”, il nuovissimo “Take Me Out” e seguo da una vita “Beautiful”. Ovviamente il nuovo attore che recita la parte di Ridge Forrester non è nemmeno lontanamente paragonabile a Ronn Moss. Anzi, per me è stato un durissimo colpo, anche se Ridge non è mai stato il mio personaggio preferito della serie.