UNSANE, Wreck

Wreck

Il ritorno degli Unsane nel 2003, dopo una pausa di un paio d’anni (anche se, a dirla tutta, l’ultimo disco in studio datava 1998), ha prodotto due album di tutto rispetto come Blood Run e lo straordinario Visqueen, a giudizio di molti uno dei lavori migliori pubblicati dai newyorkesi. Erano perciò legittime grandi aspettative e Wreck non smentisce né delude le attese, conferma lo stato di grazia e ribadisce come il nuovo corso della band sappia mantenere alte le proprie quotazioni. Non pago, il nuovo lavoro continua ad apportare minimi ma significativi cambiamenti all’interno di un linguaggio ormai consolidato, in primis un mood straniante e malinconico che si palesa in tutta la forza evocativa già nel secondo brano “Decay”, dotato di una linea melodica che trasuda dolore da ogni nota, pur senza far perdere un grammo di aggressività alla consueta macelleria sonora, ben rappresentata nella solita copertina truculenta ma non pacchiana (come ha già scritto qualcuno, solo loro possono permettersi simili immagini senza scadere nel ridicolo). Sia ribadito fino allo sfinimento, gli Unsane sono una delle poche certezze rimaste agli amanti dell’estremismo sonoro, un faro nella tempesta e avulsi da qualsiasi moda e modo, capaci di continuare a essere influenti e, oggi più che mai, punto di riferimento per una serie di nuove formazioni alla riscoperta di una violenza urbana che per troppo tempo è stata messa da parte. Così, quando torna l’armonica a duettare con i riff granitici, non si può non provare un fremito lungo la schiena, un vero e proprio ritorno a casa dopo un lungo viaggio. Ciò che conta principalmente è che non si avverte  la sensazione dello stanco trascinarsi di vecchie glorie, la ricerca di riportare in auge uno splendore appassito o di recuperare una grinta ormai lontana, piuttosto si assiste ad un nuovo capitolo di una saga capace di lasciare sul campo la maggior parte dei contendenti, poco carino fare i nomi di almeno un paio di numi tutelari del genere tornati di recente con album a dir poco imbarazzanti. Certo, le asperità degli inizi sono ormai un ricordo, la furia iconoclasta appare più “ragionata”, le melodie non sono più un tabù (se mai lo sono state) o vengono sotterrate sotto meno macerie, come nel caso della dolente “Stuck” (verrebbe da scomodare il termine sludge per descriverla), eppure non un briciolo di rabbia è stato lasciato indietro negli anni. Gli Unsane, insomma, restano i massimi rappresentanti di un sentire vivo e pulsante, attuale e distante dall’effetto modernariato toccato in sorte ad altri parti musicali dello scorso millennio. I saluti finali, poi, fanno partire i fuochi d’artificio con la versione tutta Unsane di una perla deforme targata Flipper, resa qui ancora più malata e deviata, un risultato non proprio scontato per chi ha deciso di fare proprio un pezzo di storia e di pubblicarlo su un album in uscita per la Alternative Tentacles, altri due tasselli di un puzzle che non sembra ancora svelare la sua forma definitiva. Applausi a scena aperta!

Tracklist

01. Rat
02. Decay
03. No Chance
04. Pigeon
05. Metropolis
06. Ghost
07. Don’t
08. Stuck
09. Roach
10. Ha Ha Ha