HOLY GRAIL, Ride The Void

Ride The Void

Nel caso gli Holy Grail fossero alla ricerca di un’identità propria, si può affermare che con Ride The Void l’abbiano trovata.

Il gruppo statunitense giunge alla pubblicazione del secondo album proponendo una miscela vincente di heavy-power metal dal sapore ottantiano, arricchito con interessanti elementi moderni (alcuni effetti vocali, soprattutto).

Il successo riscontrato dall’ep Improper Burial (2009) e dal primo full length Crisis In Utopia (2010) ha permesso agli Holy Grail di calcare i più importanti palchi estivi europei (Download Festival e Wacken Open Air a supporto di Dragonforce, Amon Amarth, Blind Guardian ed Eluveitie) e di meritarsi il titolo di “best new band” ai Golden Gods Award di Metal Hammer UK. Era pertanto inevitabile che si creasse – sia nella critica sia nel pubblico – una certa aspettativa nel senso di una riconferma e di una maturazione del gruppo dal punto di vista compositivo. Le attese non sono andate deluse e un indizio importante in questa direzione viene offerto, dopo l’intro neoclassica “Archeus”, dal brano “Triumphans Bestia”, imponente e giocato sullo scambio di assoli serrati e cambi di tempo multidirezionali. Il cantato di James-Paul Luna svetta alto in pezzi come “Dark Passengers” e nell’anthemica “Sleep Of Virtue”, con indovinate armonie vocali che sfociano in chorus ariosi e destinati a creare sicuri sfracelli in sede live. Tutto l’album sembra svilupparsi su di un piano di maggiore eleganza e consapevolezza, privato forse dell’irruenza un po’ acerba del debutto ma esaltato da una produzione – affidata non a caso a Matt Hyde (Slayer e Children Of Bodom) – che pone in risalto tutti i singoli strumenti. Le canzoni sono molto guitar oriented e basate su riff solidi, in alcuni casi piuttosto lineari e in altri intricati al limite del thrash. Perfetto da questo punto di vista profilo l’amalgama dei due chitarristi: più melodico Eli Santana, più duro il neo-arrivato Alex Lee (ex Bonded By Blood). Meritevole di menzione è lo splendido artwork di copertina che con il suo alone di mistero sembra evocare la cavalcata nel vuoto che attende l’ascoltatore una volta varcato il lugubre cancello. Diversi gli argomenti trattati, con almeno temporaneo abbandono delle tematiche vichinghe e guerriere per calarsi nella cruda realtà: si va dalla spiccatamente politically uncorrect e antigovernativa “The Great Artifice” a “Too Decayed To Wait” (che si scaglia contro la politica economica statunitense), dalla lotta contro il cancro della speranzosa “Rains Of Sorrow” a storie morbose di serial killer in “Silence The Scream”, fino a canzoni legate in generale alle avversità della vita quotidiana.

In definitiva ci troviamo di fronte a un album di ottimo livello, suonato con perizia esecutiva, melodico e coinvolgente al punto giusto, con partiture chitarristiche ben articolate all’interno della struttura delle canzoni e mai inclini allo sfoggio di tecnica fine a se stessa. I defenders, ma anche tutti coloro che non disdegnano l’heavy metal diretto e privo di inutili orpelli, non se lo lascino scappare!

Tracklist

01. Archeus
02. Bestia Triumphans
03. Dark Passenger
04. Bleeding Stone
05. Ride The Void
06. Too Decayed To Wait
07. Crosswinds
08. Take It To The Grave
09. Sleep Of Virtue
10. Silence The Scream
11. The Great Artifice
12. Wake Me When It’s Over
13. Rains Of Sorrow