FABIO ORSI + DUCHAMP, 11/4/2012

Fabio Orsi Live

Bologna, Associazione Menomale.

Breve tour di passaggio per il musicista pugliese da tempo trapiantato a Berlino.

Grazie alla caparbietà di Onga (Boring Machines) e ai suoi mille contatti, abbiamo il piacere di assistere a un live dell’autore dell’ultimo acclamato Wo Ist Behle. Prima dei rispettivi set ci concediamo una chiacchierata tra conoscenti negli spazi gestiti da una crew attenta e attiva da tempo nella città felsinea. Alcune delle facce sono quelle che gestivano il Netmage, che ora si appresta a rinascere sotto il nome di “Live Arts Week”.

In apertura DuChamp, giovane italiana anch’essa emigrata in terra di Germania (è una chimica). Ama le donne che hanno fatto grande l’avant music (Pauline Oliveros, Marianne Amacher e Eliane Radigue) e si vede. Si appoggia al pavimento, imbraccia una fisarmonica e parte con un bordone parecchio ispessito e tendente ad un folk nero; drone piuttosto materica la sua, capace di massaggiare con efficacia le meningi. Breve ma positivo act (ci sono anche una chitarra e lo spettro della sua voce) che ci mette in contatto con una musicista che, per la verità, non conoscevamo.

Senza troppi preamboli, subito dopo è la volta dell’occhialuto compositore, affermato anche fuori dai patri confini. La sua performance è una (troppo) breve esperienza, che comunque spiazza: venti minuti appena di controllato caos a cavallo di un’ambient particolarmente violenta. Sua principale peculiarità è il saper imbrigliare la regola aurea dei corrieri cosmici in un lungo bordone affascinante e senza compromessi. La suite è come una nuvola che d’improvviso assume un peso specifico: immaginate un masso magrittiano che crolla d’improvviso sulle vostre teste e preparatevi a sopportate un’intensa emicrania indotta. Non sembri esagerato il paragone, perché davvero si tratta di una sorta di incombente materia grigia per cervelli pronti a farsi friggere i neuroni. Orsi dimostra di conoscere il mestiere, si dimena davanti al laptop come un caparbio sciamano che evoca lo spirito perduto del tempo. Un po’ come succedeva a quelle donne soggiogate dal fuoco del ballo di San Vito. Solo che l’autore di tanti lavori e collaborazioni (anche assieme al conterraneo Valerio Cosi, tra gli altri) riesce a catturare quello spirito e lo porta in giro per il mondo con segreta nonchalance e dovuto senso del rispetto. Non è poco in tempi di emuli e soggetti (in senso artistico) più o meno convinti di quello che fanno.