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USURPRESS, Interregnum

Gli Usurpress, dei quali abbiamo già parlato, non sono uno di quei gruppi sulla bocca di tutti, un peccato mortale questo, ma siamo in un’epoca in cui essere focalizzati esclusivamente sulla musica non paga dal punto di vista dei “follower”. Tutto ciò nulla toglie loro, anzi, dal mio punto di vista li eleva ancora di più. Focalizziamoci, appunto, sulla musica. Con questo quarto disco gli Usurpress si affrancano definitivamente da qualsiasi stereotipo relativo allo swedish death metal, ivi compreso l’aspetto iconografico della copertina. È sempre death metal, anche molto pesante a momenti, ma dalla struttura sapientemente elaborata, con poca indulgenza sulla velocità e molta sull’atmosfera. E con questo ultimo termine intendo la capacità di coniugare con efficacia il death metal (sì, quella cosa satanica coi caproni, il sangue e le teste mozzate) col progressive anni ’70 (si citano i Camel fra le influenze) e addirittura, in alcune occasioni (vedi l’ultimo pezzo “The Vagrant Harlot”) col goth. Non si tratta di un semplice proclama. La versatilità della voce, del nuovo batterista e, soprattutto, del chitarrista, creano un ibrido che suona molto naturale, nessuna forzatura dovuta a scelte decise a tavolino. È un disco non facile perché è necessario mettere da parte “l’attitudine spotify” e ascoltare con attenzione quello che gli Usurpress offrono. Non si faranno le foto accattivanti come i Tribulation, ma stravincono il derby con una mano in tasca.