Refik Anadol: il suono dei dati

“Una telecamera nella mente di un computer ovvero comprendere se e in che modo una macchina può sognare?”. Così riassume Refik Anadol (Istanbul, 1985) “Living Architecture: Gehry”, fino al 19 ottobre al museo Guggenheim di Bilbao, opera che inaugura una serie di lavori del celebrato artista turco, denominati “In Situ” e destinati a proporre un arte esperienziale tale da coinvolgere il pubblico nei più svariati luoghi del mondo, mettendolo al centro di gigantesche installazioni elaborate dall’Intelligenza Artificiale e composte da field recordings, musica elettronica, ricerche scientifiche, tecnologia digitale.

Il cuore pulsante di “Living Architecture…” risiede nel cloud, custode invisibile di milioni di immagini, suoni e persino odori che inducono ad abbandonarsi, a lasciarsi guidare da quella che solo in parte è opera dell’intelligenza artificiale, perché l’installazione è in realtà il risultato dell’impegno sviluppato da un folto gruppo di lavoro che ha collezionato i dati, le immagini, i colori, registrato suoni all’interno del museo come tra le affollate strade di Bilbao per godere infine di “un’esperienza quasi fantascientifica, ma basata su elementi reali, creando un’arte capace di generare nuovi mondi ma al contempo rivelare al pubblico i processi dietro queste innovazioni”, sottolinea ancora Refik Anadol.

Utilizzando materiali d’archivio e progetti ad accesso libero provenienti  dagli studi di Frank Gehry, gli schedari sono continuamente trasformati e proiettati sulle pareti nella vasta sala del museo in una narrazione visiva dinamica, ricomposta e dilatata dall’A.I. che riassembla in visioni oniriche costantemente in evoluzione mappe, fotografie, rendering, il tutto implementato da un paesaggio sonoro basato su potenti drone composti da Kerim Karaoglu, musicista e sound designer turco di base a Berlino, studi all’Institute For Computer Music and Electronic Media di Essen e storico collaboratore di Anadol.

Il risultato di questo smisuratamente immenso flusso di dati e suoni ci porta in direzione di una acida neo-psichedelia ultra sofisticata, di cui i pionieri del genere – da Albert Hofmann a Timothy Leary – avrebbero forse difficoltà a riconoscere la paternità. Paesaggi naturali e architettonici che sembrano provenire da altri mondi ma anche improvvise visioni a noi familiari quali il villaggio di Talponia, quello, per intenderci, ideato ad Ivrea dagli architetti Roberto Gabetti e Almaro Oreglia per quel visionario progetto ante-digital commissionato dalla Olivetti nel 1968 e che sembra apparire, moltiplicato per mille, sulle alte pareti della sala al secondo piano del Guggenheim dove l’installazione risiederà fino ad ottobre.

Ad di là di un certo quanto inevitabile effetto épater le bourgeois registriamo, sotto il nostro sguardo allucinato, il prender forma di una nuova estetica rivelatrice di ciò che un tempo era invisibile all’occhio umano, una nuova prospettiva, un inedito racconto di un mondo altro: poiché il filo rosso, l’area di azione dell’intera opera di Anadol è l’incommensurabile universo dei dati e la trasformazione di essi in narrazione artistica.

Refik Anadol e il suo gruppo sono già nella fase di realizzazione finale del prossimo progetto: il Dataland Museum, oltre 6000 mt quadrati nell’area di Los Angeles laddove già sorgono il Museum Of Contemporary Art, The Broad e la Disney Concert Hall di Frank Gehry che sarà completamente dedicato all’Ethic A.I. (etica in quanto massima attenzione è rivolta all’impatto ambientale di tutta l’operazione) e alle sue infinite applicazioni: dal mondo dell’arte virtuale, ben oltre il concetto dell’NFT, alla musica, alla natura, agli animali, alle possibilità in-toto della conoscenza umana. Un esempio: il Cornell Lab of Ornithology, dipartimento dell’omonima prestigiosa Università statunitense, fornirà al Dataland Museum 54 milioni di fotografie di volatili e due milioni di registrazioni audio a loro relative, l’Ethic A.I. creerà da questo sterminato database un archivio di oltre mezzo miliardo di immagini da consultare, questi numeri solamente riguardo agli uccelli!

Refik ricorda come la visione di “Blade Runner” in televisione fu una vera epifania, catapultando l’immaginazione di un bambino nel mondo delle macchine pensanti ed è da allora che alla domanda “Do Android Dreams of Electric Sheeps ?” lui sta provando a dare una risposta.