Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

THRONEHAMMER, Incantation Rites

I Thronehammer avevano già colpito favorevolmente critica e pubblico con il precedente Usurper Of The Oaken Throne, ma è con questo nuovo Incantation Rites che riescono ad alzare davvero il livello dello scontro, grazie ad una particolare miscela di doom, sludge e pulsioni epiche in grado di dare profondità alle loro atmosfere. In particolare, la voce della cantante inglese Kat Shevil Gillham (Lucifer’s Chalice, Uncoffined, Winds Of Genocide, Morstice…) – a suo agio nel gestire con sicurezza sia le parti pulite che i momenti più aggressivi – permette alla band di costruire brani variegati e ricchi di cambi di registro (aspetto decisivo quando si trattano sonorità simili). Importante anche la scelta dei suoni, potenti ma dotati di una giusta sporcatura/calore che dona all’album un mix ben bilanciato tra oscurità e squarci di luce, a sottolineare i rallentamenti e le improvvise accelerazioni che si alternano nelle lunghe composizioni. In tutta questa varietà, la band anglo/tedesca non perde mai di vista la ricerca di un proprio timbro personale che unisca in sé la prima scena death-doom e le nuove filiazioni sludge, all’insegna di uno stile espressivo al contempo classico e attuale. Proprio per questo, nonostante l’affollamento della scena e il far riferimento ad una matrice ormai più che codificata, i Thronehammer non sembrano faticare troppo a distinguersi e a colpire il proprio pubblico d’elezione: fattore non secondario, soprattutto in un momento in cui è impossibile portare la musica dal vivo e in cui le forti restrizioni impediscono ai musicisti (ed è questo il caso) di incontrarsi durante le registrazioni e li costringono ad operare a distanza. A dirla tutta, la scomodità del dover gestire la lontananza geografica sembra un prezzo da pagare accettabile per poter contare su elementi idonei a dare efficacia a brani come “Eternal Thralldom” o la successiva “A Fading King”, autentico podio per la voce di Kat, spronata dalla complessità e dai molti cambi di scenario presenti lungo i suoi dieci minuti di durata. Merito dei suoi compagni di avventura, dunque: tutt’altro che una backing band, vista la ricchezza degli arrangiamenti e la cura nei dettagli evidentemente profusa lungo le sette tracce che compongono questo tributo al doom più sentito e ricco di pathos, distante dal manierismo di certi lavori, tanto perfetti formalmente quanto privi della giusta tensione emotiva. Vorrei trovare un vero difetto in questo album, che non sia il suo essere in modo inequivocabile innamorato e leale ad uno specifico linguaggio…  ma, onestamente, non ne vedo.