Due dischi Ideologic Organ: Nina Garcia e Lucy Railton

Nina Garcia non è famosa con il suo progetto Mariachi come non è famosa per via di questo disco a suo nome inciso per l’etichetta Ideologic Organ di Stephen O’Malley, che l’ha voluta in apertura a un concerto parigino dei Sunn O))). Si capisce subito perché l’artista statunitense trapiantato in Francia, dove vive anche lei, l’abbia coinvolta nei suoi piani: Nina è una chitarrista minimalista, scabra, povera, dissonante ma non per questo incapace di melodie. Il suo setup è composto da un pedale, un amplificatore, un pickup nella mano con cui suona: una sfida creativa estrema, basata sul tendere a zero anziché all’infinito dei Sunn O))). Se da un lato la sua gestualità lenta e pezzi come “Dans L’Alois” la agganciano appunto al mondo di O’Malley, dall’altro questo Bye Bye Bird – titolo di una canzone scritta da Sonny Boy Williamson e Willie Dixon quando morì Charlie Parker – si avvicina spesso a Bill Orcutt, ma non solo: il fatto che l’introduzione a questo disco sia stata scritta da Thurston Moore è rivelatore quanto il sound dell’ultima traccia, “Whistling Memories”.

Lucy Railton, dopo la varietà di Corner Dancer, torna esclusivamente al violoncello e alla “just intonation” con Blue Veil, prodotto da O’Malley e Kali Malone, coi quali aveva realizzato Does Spring Hide Its Joy, un disco “drone” immenso per molti motivi. Come Does Spring Hide Its Joy, Blue Veil chiede l’ascolto profondo. Come Corner Dancer, Blue Veil non fa sconti in termini di sound, ed è qualcosa di cercato, dato che, sempre a livello di lavoro dietro le quinte, abbiamo il premix di Joshua Sabin, il mix di Marta Salogni e il mastering di Rashad Becker, mancavano solo un paio di scienziati. Il risultato, col giusto approccio, è che siamo davvero da soli con Railton e il violoncello, ma non c’è nient’altro, di sicuro non la Chiesa dove sono avvenute le registrazioni, forse nemmeno Railton, forse nemmeno il violoncello, ma un magma fatto di un suono che tutti riconosciamo, e questo magma si stabilisce nella nostra testa, imponendosi come l’unica cosa con cui avremo a che fare per una quarantina di minuti.