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SUTEKH HEXEN, Sutekh Hexen

Kevin Gan Yuen è un grafico molto bravo e con un’estetica ben definita: vive (che io sappia) a Oakland, dove ha base Sentient Ruin, una delle due etichette che pubblica questo suo disco a nome Sutekh Hexen, e ad esempio ha lavorato con Utech Records, che a livello di cura per gli artwork non è sostanzialmente seconda a nessuno (e anche Sentient Ruin non è nient’affatto male…). Alcune volte è entrato in contatto con realtà più vicine alla superficie, quando un paio di band per le quali aveva già disegnato hanno fatto il salto di visibilità e sono finite su Relapse e Neurot, ricordandosi giustamente di lui. Come Sutekh Hexen si muove grossomodo nelle stesse regioni di suono occupate dai suoi clienti: si allinea al noiseblackmetal dei vari Wold (ha realizzato una copertina per loro, e non credo si tratti di un caso), Nekrasov, Maurice de Jong (cioè Gnaw Their Tongues, ma sto pensando a qualche altro dei suoi milioni di pseudonimi col quale lascia emergere di più il black metal), Deathstench… in sostanza si occupa di roba che Adam della oggi inattiva Crucial Blast serviva ogni giorno a colazione. Non risalgo fino agli Mz.412, perché chi sta così male da ascoltare certe band ha già afferrato, mentre chi ha più generica familiarità con queste scene deve pensare al metal estremo che si libera totalmente da qualsiasi forma ed entra a far parte di un magma industrial, noise e affini; oppure deve immaginare un sound oltranzista ottenuto con le macchine, che ingloba tutto ciò di marcio che incontra, una specie Tetsuo alla fine di “Akira”, ma portato a incorporare selettivamente solo il peggio che lo circonda. Non manca mai in questi casi un bilanciamento dark ambient alle parti più aggressive, e quest’uscita non fa eccezione. Dischi così devono essere ammorbanti allo stesso tempo come un demo degli Emperor e un pezzo dei Ramleh, ma Sutekh Hexen non ha questo tiro: pesa molto il fatto che ormai il gioco sia scopertissimo, dopo anni di matrimoni – una volta proibiti – tra i generi dei quali stiamo parlando. Mi sembra poi che qui, non sempre ma un po’ troppo spesso, manchi purtroppo il feeling, il suono che si piazzi nel subconscio e non se ne vada via fino al mattino successivo: il caos perde la magia e torna a essere solo un rumore di fondo, come se Kevin non avesse capito bene cosa ci mette davvero paura quando ascoltiamo certe cose.