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SUR AUSTRU, Obârșie

Abbiamo fatto conoscenza dei Sur Austru al tempo di Meteahna Timpurilor, biglietto da visita di questa formazione nata dalle ceneri dei Negură Bunget ed erede naturale della loro ricerca sul folklore e sulle tradizioni della Romania, in particolare della Transilvania e dei Carpazi. Con il nuovo Obârșie, la band prosegue il suo viaggio affiancando alla natura un nuovo elemento protagonista del concept, i Solomonari, figure mitologiche raffigurate a cavallo di draghi e ritenute capaci di controllare il tempo e i fenomeni naturali, andando così ad ampliare la narrazione e aggiungendo nuove sfumature al proprio suono, ora irrobustito da una componente epica che ne arricchisce i tratti, per dare vita ad una struttura compositiva più complessa. Si avverte come la formazione non abbia paura di aggiungere nuovi ingredienti, siano essi rappresentati da una componente psichedelica o addirittura da strizzate d’occhio al metal più classico (vedi il solo sul finale di “Cel Din Urmă”), il tutto per aggiungere layer e donare profondità ad un percorso attraverso la mitologia dotato di grande impatto e maggiore personalità rispetto al debutto, che era più ossequioso nei confronti della band di cui aveva raccolto il testimone. Certo, le radici sono ancora piantate nell’intuizione dei Negură Bunget – come ben evidenziato da “Codru Moma”, che non può non rimandare al lavoro di riscoperta portato avanti dal (mai troppo) compianto Gabriel Mafa – eppure i Sur Austru non appaiono come un mero tributo, ma come una continuazione segnata dalla ricerca di una propria personalità, sempre più delineata e capace di proseguire lungo la strada tracciata per aggiungere nuovi capitoli e non solo ricordi.

Obârșie è un album che sa stare in piedi senza tentennamenti e, in più di un’occasione, riesce a colpire l’ascoltatore con soluzioni intriganti e non prevedibili, soprattutto quando trova la perfetta chiave per fondere le sue due anime, metal e tradizione, in quello che ormai potremmo definire un linguaggio a sé o meglio un esperanto con una posizione ben delineata all’interno della scena metal mondiale. Come già detto a proposito del primo album, il viaggio merita e non si rimpiange il panorama che si apre davanti agli occhi; soprattutto, si comincia ad intuire una progressione (potenzialmente) foriera di sviluppi interessanti, che ci spinge a seguire e a mantenere alta l’attenzione. So far, so good.