SUR AUSTRU, Meteahna Timpurilor

SUR AUSTRU, Meteahna Timpurilor

Ammetto che non è stato facile accostarmi a questo album: troppo soggettivi e personali i miei trascorsi con i Negură Bunget e con il loro fondatore Gabriel “Negru” Mafa, una storia di cui vi ho già parlato e che è stata troncata in modo tanto brutale quanto inatteso con la sua scomparsa nel 2017. Insomma, ho iniziato l’ascolto dei Sur Austru e di Meteahna Timpurilor con un misto di speranze, diffidenza e ricordi dolorosi, visto che la formazione nasce dalla volontà dei Negură Bunget superstiti e vuole portare avanti in qualche modo un percorso, pur senza volersi arrogare il diritto di continuare con quel nome che con Gabriel è sempre coinciso e che dalla metà degli anni Novanta l’artista (mi si passi per una volta il termine) ha condotto superando cambi di line-up e le mille difficoltà. Ma torniamo ai Sur Austru e a un disco che affonda le proprie radici nell’immaginario tanto particolare quanto subito riconoscibile degli ultimi Negură Bunget e di album quali Tău e Zi, primi due episodi di una trilogia purtroppo interrottasi prima di vedere la luce nella sua completezza. Da qui i rumeni partono per creare un loro mix di black metal e folklore, riff serrati e strumenti tradizionali, assalti feroci e melodie di un passato lontano. Il risultato lascia vedere un forte amore per i tratti onirici e paesaggistici della propria musica, tanto che spesso si ha la sensazione di essere stati catapultati nei boschi della Transilvania più antica, quella dei daci e non certo quella da cartolina intrisa di aglio e vampiri. Più che trame da horror, infatti, qui viene fuori una visione naturalistica e sciamanica, oltre a un legame profondo con il proprio mondo, un approccio ereditato dalla sensibilità condivisa con Negru e portato avanti con efficacia e passione anche in mancanza dell’insostituibile maestro. Non bisogna però vedere i Sur Austuru come una copia sbiadita, nonostante ci siano ancora margini per portare a pieno regime la nuova creatura, ma come un tributo sincero e sentito da parte di chi ha assimilato la musica dei Negură dopo lunghe e interminabili trasferte per portarla in giro, in altre parole qualcosa di vitale e non artefatto. Resto in attesa di vedere come si evolverà il tutto, ma sin da ora non posso che approvare l’idea di Tibor, Ovidiu, Petrică e compagni di non permettere a una band di scomparire. L’inizio è rassicurante.